Castel Gandolfo
CASTEL GANDOLFO: DA RESIDENZA IMPERIALE A VILLA PONTIFICIA
Il visitatore che entra per la prima volta nelle Ville Pontificie di Castel Gandolfo non immagina certo di trovarsi di fronte ai cospicui resti di una delle più famose ville dell'antichità, l'Albanum Domitiani, la grandiosa residenza di campagna dell'imperatore Domiziano (81-96 d.C.), la quale si sviluppava per circa 14 chilometri quadrati dalla Via Appia fino a comprendere il lago Albano. Le Ville Pontificie si estendono sui resti della parte centrale della residenza, la quale includeva, secondo l'ipotesi formulata da insigni studiosi, anche l'Arx Albana, posta all'estremità della collina di Castel Gandolfo, dove ora si trova il Palazzo Pontificio, e che un tempo ospitava il centro dell'antica Albalonga.
La Villa di Domiziano era ubicata sul versante occidentale della collina, in posizione dominante sul mare Tirreno. Il pendio era stato tagliato in tre grandi ripiani digradanti verso il mare. Il primo, più in alto, comprendeva le abitazioni dei servi imperiali, i vari servizi e le cisterne, alimentate dalle sorgenti di Palazzolo - poste sulla sponda opposta del lago - mediante tre acquedotti, ancora in parte esistenti, che riforniscono la Villa papale e l'abitato di Castel Gandolfo. Sul ripiano mediano, delimitato a monte da un grande muraglione di sostruzione, interrotto da quattro ninfei a pianta alternatamente rettangolare e semicircolare, sorgevano il palazzo imperiale ed il teatro. Il ripiano inferiore comprendeva il criptoportico, la grande passeggiata coperta dell'imperatore, lungo in origine circa trecento metri. Il ripiano si spezzava poi in più terrazze successive, per lo più destinate a giardini, una delle quali comprendeva l'ippodromo.
In questa residenza, attrezzata anche per la stagione invernale, ricca di bellezze naturali e di sontuosi edifici, monumenti ed opere d'arte, Domiziano, il "calvo Nerone" come lo chiamava Giovenale, stabilì quasi in permanenza la sua dimora.
Alla morte di Domiziano la villa passò ai suoi successori, che però preferirono stabilire altrove le loro dimore. Adriano (117-138) vi trascorse qualche breve periodo in attesa che fosse portata a compimento la villa presso Tivoli e Marco Aurelio (161-180) vi si rifugiò per alcuni giorni durante la ribellione dell'anno 175. Alcuni anni dopo,Settimio Severo (193-211) vi installò, nella parte più a sud, i castra dei suoi fedelissimi legionari partici, i quali vi accamparono stabilmente con le loro famiglie.
Iniziava così la decadenza della villa imperiale i cui monumenti, già privati delle loro opere d'arte e di ogni prezioso ornamento, furono sistematicamente demoliti per impiegare marmi e laterizi nelle nuove costruzioni che diedero origine al primo nucleo abitativo della cittadina di Albano. Un altro insediamento, prevalentemente di agricoltori, si costituì a nord della villa sul crinale del lago verso "Cucuruttus" (l'attuale Montecucco) dando origine assai più tardi all'odierna Castel Gandolfo.
L'imperatore Costantino (306-337), che aveva allontanato dal territorio i turbolenti legionari partici con le loro famiglie, tra i benefici conferiti alla basilica di San Giovanni Battista, l’attuale cattedrale di Albano, includeva anche la possessio Tiberii Caesaris, cioè l'area della villa domizianea.
Fatta eccezione per alcune memorie di atti censuari o patrimoniali che si riferiscono a queste terre, la storia tace fino al XII secolo. Non così le spoliazioni di marmi e di opere d'arte che continuarono a lungo. Nel XIV secolo il saccheggio divenne sistematico, alla ricerca di marmi per la costruzione del duomo di Orvieto.
Intorno al 1200 sulla collina viene costruito, forse sulle rovine dell'antica Albalonga, il castello della famiglia genovese dei Gandolfi, da cui prende il nome l’odierna Castel Gandolfo. La rocca era una fortezza quadrata posta al culmine della collina con alte mura merlate ed un piccolo cortile ancora esistente, circondata da un possente bastione che la rendeva pressoché inespugnabile. Dopo alcuni decenni, passò in proprietà dei Savelli che, con alterne vicende, la tennero per circa tre secoli.
Fu nel luglio del 1596, sotto il pontificato di Clemente VIII Aldobrandini (l592-1605), che la Camera Apostolica prese possesso di Castel Gandolfo e di Rocca Priora, con la bolla detta Congregazione dei Baroni, togliendoli ai Savelli che si erano rifiutati di onorare un debito di 150.000 scudi. Più tardi parte del debito venne restituita e Rocca Priora ritornò ai Savelli mentre Castel Gandolfo venne dichiarata patrimonio inalienabile della Santa Sede ed incorporata definitivamente, con decreto concistoriale del 27 maggio 1604, nel dominio temporale della Chiesa.
Paolo V Borghese (1605-1621), sollecitato dalla comunità di Castel Gandolfo, dotò la cittadina e la rocca di acqua in abbondanza, provvedendo a far restaurare l’acquedotto che portava le acque dalle sorgenti di Malafitto, l’odierna Palazzolo. Si preoccupò inoltre di rendere più salubre la zona, prosciugando dalle acque palustri il laghetto di Turno, come ricorda una delle lapidi collocate sul fronte del Palazzo Pontificio.
Urbano VIII Barberini (l623-1644), che già da Cardinale amava soggiornare a Castel Gandolfo, fu il primo Papa a villeggiare in questa residenza, nella primavera del 1626, una volta terminati i lavori di sistemazione ed ampliamento del Palazzo, affidati a Carlo Maderno, coadiuvato da Bartolomeo Breccioli e Domenico Castelli come sottoarchitetti. Incorporata la rocca con opportuni rifacimenti, fu costruita l'ala del palazzo verso il lago e la parte sinistra dell’attuale facciata, fino al portone di ingresso. Fu pure impiantato il giardino del palazzo (Giardino del Moro), di modeste proporzioni, tuttora fedele al disegno originario, con alcuni viali che lo tagliano a riquadri regolari, segnati da siepi di mortella. Il fiorentino Simone Lagi provvide a decorare con affreschi la Cappella privata, il piccolo Oratorio contiguo e la Sacrestia. All'opera di Urbano VIII sono legate anche le due suggestive strade alberate, dette "Galleria di sopra" e "Galleria di sotto" che costeggiano la Villa Barberini e collegano Castel Gandolfo con Albano.
Alessandro VII Chigi (1655-1667) completò la costruzione del Palazzo pontificio con la nuova facciata verso la piazza e l’ala verso il mare, con la grande galleria costruita su disegno e con l'assistenza del Bernini.
Clemente XIV Ganganelli (1769-1774), allo scopo di dotare la proprietà di uno spazio più idoneo per le passeggiate a piedi, data l'angustia del piccolo giardino di Urbano VIII, nel marzo 1773 ampliò la residenza con l'acquisto dell'adiacente Villa Cybo. Nel 1717, quando era ancora Uditore della Camera Apostolica, il Cardinale Camillo Cybo si era fatto cedere dall'architetto Francesco Fontana "per sua nobile abitazione e Villa" la palazzina che questi aveva costruito per sé. Successivamente aveva acquistato, di fronte alla costruzione, un appezzamento di terreno, dell'estensione di circa tre ettari, che confina in alto con il borgo di Castel Gandolfo ed in basso, verso il mare, con la strada denominata "Galleria di sotto" e lo aveva trasformato in uno splendido giardino, ricco di marmi, statue e fontane di grande pregio. Questa sontuosa Villa aveva purtroppo un grave difetto: quello di avere il palazzo ed il giardino separati dalla pubblica via, la "Galleria di sotto" appunto. Il Cardinale aveva in animo di collegarli con un cavalcavia, all'altezza del piano nobile del giardino. Il progetto non si realizzò mai, non sappiamo se per mancanza di tempo o di soldi. Morto il Cardinale Cybo nel 1743, la villa passò agli eredi che la vendettero al duca di Bracciano, don Livio Odescalchi. Clemente XIV se la fece cedere alle stesse condizioni, e cioè per 18.000 scudi.
Nel 1870, con la fine dello Stato Pontificio, iniziò per la residenza papale di Castel Gandolfo un lungo periodo di abbandono e di oblio durato sessanta anni. Infatti, pur se la legge delle Guarentigie aveva assicurato al Palazzo di Castel Gandolfo "con tutte le sue attinenze e pertinenze" le stesse immunità del Vaticano e del Laterano, dopo la presa di Roma i Papi non uscirono più dal Vaticano.
Soltanto a seguito dei Patti Lateranensi tra la Santa Sede e l'Italia (1929), che ponevano fine alla spinosa "Questione romana", Castel Gandolfo tornò ad essere la residenza estiva dei Papi. Nel corso dei negoziati venne anche esaminata l'eventualità di destinare al soggiorno dei Pontefici la Villa Farnese di Caprarola oppure la Villa Doria Pamphilj sul Gianicolo. Ma alla fine la tradizione storica prevalse. Le Ville Pontificie assunsero le attuali dimensioni con l'acquisizione del complesso della Villa Barberini, dove furono impiantati giardini di nuovo disegno tra i quali meritano una particolare menzione quelli del Belvedere. Era questa la Villa che Taddeo Barberini, nipote di Urbano VIII, aveva realizzato acquistando nel 1628 terreni e vigneti corrispondenti al terrazzamento centrale della residenza domizianea e successivamente, nel 1631, la proprietà di Monsignor Scipione Visconti che comprendeva un palazzetto poi trasformato e ampliato, probabilmente su progetto del Bernini. Assai più tardi, al principio del secolo seguente, dinanzi al palazzo sarà collocata l'elegante cancellata ingegnosamente disposta in modo da consentire il passaggio degli ingombranti equipaggi del tempo, malgrado la ristrettezza dello spazio.
Dopo il 1929, si provvide ad eseguire importanti lavori di consolidamento e ristrutturazione del Palazzo pontificio per adattarlo alle nuove esigenze e ad effettuare i collegamenti tra le tre ville (Giardino del Moro, Villa Cybo e Villa Barberini) mediante il cavalcavia che unisce il tenimento Barberini con Villa Cybo e poi con la loggia che, da quest' ultima, conduce al Palazzo al di sopra della pubblica strada, sull' arco dell'antica Porta romana.
Nel Palazzo di Castel Gandolfo fu pure trasferito dal Vaticano, nel 1934 l'Osservatorio Astronomico affidato ai Padri Gesuiti, essendo venuta a mancare nella regione circostante l'oscurità notturna necessaria per le osservazioni della volta celeste.
I PAPI A CASTEL GANDOLFO
Nell'estate del 1623 veniva eletto al Soglio pontificio il Cardinale Maffeo Barberini che assumeva il nome di Urbano VIII (l623-1644). Già parecchi anni prima il Cardinale aveva scelto per la villeggiatura Castel Gandolfo, sia per la sua incomparabile posizione panoramica, sia perché da lui considerato il luogo più salubre dei castelli romani, e a tale scopo si era costruita una modesta dimora, in prossimità delle mura del Castello, al piano superiore del torrione che ancora adesso sovrasta la Porta romana. Sono tuttora esistenti fuori delle mura, nelle vicinanze dello stesso torrione, le scuderie. Fu quindi naturale che, una volta eletto Papa, Urbano VIII scegliesse Castel Gandolfo come residenza estiva, decidendo quindi di riadattare la vecchia rocca Gandolfì-Savelli allo scopo di "provvedere ancora che i Papi avessero comodità di villeggiare nei propri palazzi, non parendogli conveniente di valersi delle case altrui", come annota il suo biografo Andrea Nicoletti. Dopo aver villeggiato per due anni a Frascati, ospite del Cardinale Scipione Borghese, il 10 maggio 1626 Urbano VIII fissò finalmente la partenza per la prima villeggiatura a Castel Gandolfo.
"Dopo il 1626 Urbano VIII ritornò fedelmente per altri undici anni alla Villa, per due volte all'anno... in aprile o, per lo più, in maggio ed una seconda volta nel mese di ottobre" per una durata da due a tre settimane. "Egli aveva una sua giornata metodica e non gli mancava mai, nelle ore di svago, la compagnia di letterati e di eruditi... Amava soprattutto le passeggiate a piedi che, specie nei primi anni, alternava sovente con lunghe cavalcate nei boschi... Durante le sue villeggiature, perché gli affari di governo non subissero remore, Urbano VIII riceveva, come d'ordinario, ministri e ambasciatori" (da Emilio Bonomelli, ibidem, p. 52). Dopo la malattia del 1637 che fece addirittura temere per la sua vita, Urbano VIII rinunciò definitivamente a villeggiare nella Villa a cui era tanto affezionato per la convinzione, sua e dei medici, che ormai gli giovasse maggiormente l'aria più pesante di Roma.
Il successore di Urbano VIII, Innocenzo X Pamphilj (1644-1655), non venne mai a Castel Gandolfo nei suoi dieci anni di pontificato e raramente si allontanò da Roma.
Non così Alessandro VII Chigi (1655-1667) che soggiornò regolarmente a Castel Gandolfo due volte l’anno, in primavera e in autunno, per periodi variabili da 20 giorni ad un mese. Papa Chigi era particolarmente sensibile alle bellezze del lago e del verde circostante, propizie alle meditazioni e ai silenzi, ed era solito fare lunghe passeggiate per i viali tracciati tra i boschi di lecci e di castani. Ed infine lo attiravano le gite sul lago che percorreva su un grosso brigantino che era stato trasportato appositamente a Castel Gandolfo da Ripa Grande. Alessandro VII affidò al Sernini la costruzione della Chiesa parrocchiale di Castel Gandolfo, dedicata a San Tommaso da Villanova, l’arcivescovo di Valencia da lui stesso canonizzato nel 1658, mentre la Cripta fu dedicata a San Nicola.
Nessuno dei successori di Papa Chigi lasciò più Roma per la residenza estiva nei seguenti 44 anni. Soltanto Innocenzo XII Pignatelli (1691-1700) il 27 aprile 1697 pernottò a Castello, in occasione del suo viaggio ad Anzio e Nettuno, per ripartire l'indomani mattina. Giunto sulla piazza in una sera di nebbia e di pioggia il luogo gli apparve tanto uggioso che non fu invogliato a ritornavi.
Clemente XI Albani (1700-1721) passò i primi nove anni del suo pontificato senza mai allontanarsi da Roma. Ma dopo una grave malattia nell'estate del 1709, nel maggio del 1710 si recò a Castel Gandolfo su consiglio dei medici e, visti i buoni risultati, vi ritornò per sei anni di seguito fino al 1715. Durante il suo primo soggiorno castellano Papa Albani emanò un rescritto con il quale conferiva a Castel Gandolfo il titolo di "Villa Pontificia". Tale riconoscimento, durato fino alla fine dello Stato Pontificio, comportava, per i cittadini di Castel Gandolfo, il privilegio di essere sottratti alla giurisdizione delle comuni magistrature amministrative e giudiziarie e di essere assoggettati a quelle speciali del Prefetto del Palazzo Apostolico e Maggiordomo. I soggiorni di Papa Albani furono improntati a grande dimestichezza con i castellani, specie i più poveri, che il Papa fece destinatari di numerose liberalità. A Clemente XI si debbono i lavori fatti a Palazzo per restaurarlo dopo il lungo abbandono e gli abbellimenti apportati al paese il cui nucleo abitativo si era notevolmente ampliato. Una lapide posta all'inizio del corso di Castel Gandolfo, tuttora esistente, ricorda le opere realizzate dal Papa a beneficio della cittadina.
La Villa pontificia non fu più frequentata dai successori di Papa Albani per la durata di 25 anni ed il Palazzo si riaprì nel giugno del 1741 per accogliere Papa Benedetto XIV Lambertini (1740-1758), eletto nell' estate precedente. Egli "fu uno dei pontefici che più si affezionarono a Castel Gandolfo dove, come soleva dire, poteva tirar fuori l'anima dal torchio" (da Emilio Bonomelli, I Papi in campagna, p.111). Le sue villeggiature assunsero un tono di grande semplicità, lontane dai fasti di quelle dei suoi predecessori: "Non voglio rompimenti di testa. Ce li siropperemo quando saremo a Roma", usava rispondere alle petulanti e spesso inopportune richieste di udienze e di visite che gli venivano presentate. Durante il suo pontificato egli non trascurò di curare e abbellire il palazzo. Tra le opere principali ricordiamo la decorazione della galleria di Alessandro VII, ad opera di Pier Leone Ghezzi, con ariosi dipinti a tempera che rappresentano vedute panoramiche dei colli Albani, vivacizzate da gustose scenette rustiche, e della nuova Loggia delle Benedizioni, fatta costruire nel 1749, con il bell'orologio che la sovrasta.
Clemente XIII Rezzonico (1758-1769), succeduto a Papa Lambertini nel 1758, fin dall'anno seguente si recò a Castel Gandolfo. Il cambiamento d'aria che gli era stato consigliato dai medici gli giovò in modo così evidente che egli vi fece ritorno per altri sei anni, per periodi di circa un mese, fino al 1765. Solo negli ultimi tre anni le preoccupazioni sempre crescenti del suo pontificato gli impedirono di salire a Castello come avrebbe desiderato. Il suo nome resta legato alle preziose suppellettili ed opere d'arte con le quali arricchì la Chiesa parrocchiale e alla Cappella privata del Palazzo. Una lapide collocata sulla Porta romana ricorda i lavori ordinati dal Papa per ampliarla e per addolcire la strada di accesso.
Il suo successore Clemente XIV Ganganelli (1769-1774) occupò il Soglio pontificio per poco più di cinque anni e per ben cinque volte, nell' autunno di ogni anno, trascorse le sue vacanze a Castello. Di natura vivace ed esuberante, di umore gaio e faceto, egli era desideroso di moto e di svago. A Castel Gandolfo perciò "non si limitava alle brevi passeggiate a piedi, per le famose gallerie e per le ville, ma spesso usciva a cavallo dal palazzo. .. in un costume bianco da viaggio con stivali e tricorno bianchi" (ibid., p. 149). E, una volta fuori dell'abitato, amava lanciare il suo cavallo a tale velocità che nessuno del seguito e della scorta gli potesse tener dietro. Ma nel 1771, dopo essere caduto due volte da cavallo ed essersi ferito ad una spalla, fu convinto dai familiari a rinunciare definitivamente al suo svago preferito. Nel 1773 ampliò la residenza pontificia con l'acquisto dell'adiacente villa Cybo.
Pio VI Braschi, eletto nel 1775, durante il lungo pontificato durato un quarto di secolo non soggiornò mai nella residenza estiva. Durante il suo regno, il 27 febbraio 1798 avveniva a Castello il sanguinoso scontro degli abitanti dei Castelli Romani (in particolare di Castel Gandolfo, Albano e Velletri) rimasti fedeli al Papa con le truppe di Gioacchino Murat. Gli insorti, dopo aver combattuto strenuamente, si rifugiarono nel Palazzo pontificio che fu sfondato a cannonate e saccheggiato dai francesi.
Il 14 marzo 1800 veniva eletto a Venezia Pio VII Chiaramonti (1800-1823) che nel 1803 riapriva il Palazzo di Castel Gandolfo dopo aver provveduto ai necessari lavori di restauro e alla provvista del mobilio. Vi ritornava nel 1804 e nel 1805 finché la procella napoleonica, prima con l'invasione degli Stati della Chiesa e infine con la prigionia stessa del Papa, rese nuovamente impossibile il soggiorno pontificio. Dopo la sua liberazione, avvenuta il 17 marzo 1814, e l'abdicazione di Napoleone, nel mese di ottobre di quell’anno Papa Chiaramonti poté finalmente riprendere le sue vacanze autunnali a Castel Gandolfo, che costituirono forse l’unico momento di pace nelle tormentate vicende del suo pontificato.
Papa Leone XII Della Genga (l823-1829) si recò a Castel Gandolfo un solo giorno, il 21 ottobre 1824, ospite dei Cappuccini di Albano ma, pur visitando la Chiesa sulla piazza, non mise piede nella residenza pontificia che non riscuoteva le sue simpatie.
Nemmeno il suo successore Pio VIII Castiglioni (1829-1830), nel suo breve pontificato durato 20 mesi, salì mai a Castello.
Nel 1831 veniva eletto Papa Gregorio XVI Cappellari (1831-1846): le sue vacanze a Castello, quasi sempre in ottobre, sono state piuttosto assidue, segnate dal suo stile semplice di monaco camaldolese. Da Castello, nel 1845, Papa Cappellari si spinse un giorno fino a Tivoli, al Collegio dei Gesuiti, dove poté contemplare le prime dagherrotipie e, incuriosito, posare davanti al fotografo. Poté inoltre assistere con grande interesse a certe prove di illuminazione elettrica e osservare un modellino di battello a vapore.
Pio IX Mastai Ferretti (1846-1878) fece a Castello villeggiature brevi e saltuarie nelle stagioni più diverse, alternandole con alcuni soggiorni al Porto di Anzio. Egli non aveva infatti un particolare trasporto per la vita di campagna e, più di questa, amava la città nella quale soleva muoversi abbastanza disinvoltamente. I vecchi castellani si tramandano i ricordi di Papa Mastai che con grande semplicità usciva a piedi per il paese, entrava nelle case del borgo e spesso, trovata la pentola sui fornelli, ne sollevava il coperchio per rendersi conto se il cibo fosse sufficiente, sopperendo, in caso contrario, con elargizioni in denaro. A Castel Gandolfo Pio IX concedeva udienza con una larghezza mai usata dai suoi predecessori e negli ultimi anni, con la crescente facilità dei viaggi, si videro arrivare nella cittadina, anche a gruppi numerosi, i pellegrini stranieri. L'ultimo soggiorno castellano di Papa Mastai durò dal 28 al 3l maggio 1869 e fu ispirato esclusivamente dal desiderio di venerare il miracoloso Crocifisso di Nemi del quale si celebrava quell’anno il secondo centenario. Erano gli ultimi mesi di vita dello Stato pontificio, che avrebbe visto la fine con la presa di Porta Pia, il 20 settembre 1870.
Anche se dopo il 1870 e fino alla Conciliazione i Papi non uscirono mai dal Vaticano, non per questo si interruppe il loro legame affettivo con la cittadina di Castel Gandolfo. Pio IX aveva accolto nel Palazzo, dopo il 1870, due comunità di clausura, una di Monache basiliane provenienti dalla Polonia russa, l'altra di Clarisse che avevano dovuto lasciare il loro convento di Albano per l'incameramento dei beni ecclesiastici. Papa Leone XIII Pecci (1878-1903) - che aveva donato alla Chiesa parrocchiale due artistici lampioni-candelabro che ne ornano il sagrato - chiamava amabilmente "Il piccolo Castel Gandolfo" il torrione delle mura di Leone IV in Vaticano, nel quale sostava qualche volta in estate. Pio X Sarto (1903-1914) e Benedetto XV Della Chiesa (1914-1922) fecero costruire due edifici che tuttora portano il loro nome, da destinare a case popolari per i castellani meno abbienti. Pio X fece pure allestire nel Palazzo un appartamento per il soggiorno estivo del suo Segretario di Stato, il Cardinale Raffaele Merry del Val che vi trascorse periodi di circa un mese, tra agosto e settembre, dal 1904 al 1907.
Pio XI Ratti (1922-1939) può considerarsi il primo Papa dei tempi moderni ad aver soggiornato a Castel Gandolfo. Compiuti in tempi brevi gli indispensabili lavori di riadattamento della antica residenza, i suoi soggiorni, dai due mesi iniziali, arrivarono fino a sei mesi l’anno, dal 1934 al 1938. Nell'appartamento papale Pio XI fece costruire una nuova Cappella privata e vi fece collocare la riproduzione del quadro della Madonna di Czestochowa, dono dei vescovi polacchi, mentre le pareti laterali furono affrescate dal pittore Rosen di Leopoli con due fatti di storia antica e recente della Polonia: da una parte la resistenza di Czestochowa nel 1655 contro gli svedesi di Gustavo Adolfo e dall'altra la vittoria di Varsavia contro i bolscevichi del 15 agosto 1920, denominata "miracolo della Vistola". Pio XI aveva infatti trascorso in Polonia gli anni dal 1918 al 1921, prima come Visitatore e poi come Nunzio Apostolico. Dal Palazzo di castello, al tramonto della sua giornata terrena, il Papa levò più volte la voce per denunciare le nefaste dottrine del nazionalismo razziale, giungendo, nel memorabile radiomessaggio del 29 settembre 1938, ad offrire la sua vita per salvare la pace.
Pio XII Pacelli (1939-1958) nel suo primo anno di pontificato si recò a Castel Gandolfo e nel mese di luglio emanò "ex arce Gandulphi" la sua prima enciclica Summi Pontificatus. Da qui, il 24 agosto 1939, inviava per radio l'estremo appello alle nazioni per scongiurare il conflitto: "Imminente è il pericolo, ma è ancora tempo. Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra". Il Papa, impegnato in una instancabile opera di pace, non tornò a Castel Gandolfo negli anni della guerra e la residenza diventò punto di riferimento ed asilo sicuro per le popolazioni locali. Dopo gli avvenimenti seguiti all'8 settembre 1943 le popolazioni di Castel Gandolfo e dei paesi vicini, prese dal panico, si rifugiarono nelle Ville Pontificie, che godono dei privilegi della extraterritorialità, finché non tornò la calma. Ma il 22 gennaio 1944, dopo lo sbarco di Anzio, essendo ormai tutta la zona divenuta fronte di guerra, gli abitanti di Castel Gandolfo e dintorni di nuovo accorsero ai vari ingressi delle Ville: si calcola che a dodicimila assommassero le persone che vi trovarono rifugio in quel triste periodo e vi rimasero fino alla liberazione di Roma, avvenuta il 4 giugno. L'appartamento papale fu riservato alle partorienti e vi nacquero in quei mesi circa quaranta bambini. Furono purtroppo numerose anche le vittime dei bombardamenti che si verificarono ai confini delle Ville: il primo febbraio di quell’anno furono distrutti i Conventi delle Clarisse e delle Basiliane e 18 suore vi persero la vita; il 10 febbraio uguale sorte toccò al Collegio di Propaganda Fide, con oltre 500 morti e numerosi feriti.
Soltanto il 22 agosto del 1946 il Papa riprese i soggiorni estivi a Castello, che si susseguirono regolarmente ogni anno fino al 1958, per periodi anche di cinque mesi. Se si eccettua il periodo della guerra si può dire che Papa Pacelli ha trascorso a Castel Gandolfo quasi un terzo del suo pontificato. E proprio a Castel Gandolfo Papa Pacelli, all'alba del 9 ottobre 1958, chiudeva la sua giornata terrena, primo Papa nella storia di questa residenza.
Il 28 ottobre veniva eletto Giovanni XXIlI Roncalli (1958-1963) che, pochi giorni dopo, si recò a Castello. Una lapide posta all'interno della chiesa parrocchiale ricorda la munificenza del Papa che volle restituito il tempio e la cripta sottostante al loro primitivo decoro. Papa Giovanni instaurò due tradizioni a Castel Gandolfo: la recita dell'Angelus la domenica mattina nel cortile del Palazzo e la Santa Messa in parrocchia per la festività dell'Assunta.
Paolo VI Montini (1963-1978) dopo alcune settimane dalla sua elezione, avvenuta il 21 giugno, venne a Castel Gandolfo il 5 agosto per il soggiorno estivo e vi ritornò ogni anno, da metà luglio a metà settembre. Il carattere schivo e riservato non gli ha impedito di stabilire con gli abitanti di Castel Gandolfo e delle Ville un rapporto di affettuosa cordialità e di paterna sollecitudine. Quale fosse la sua giornata a Castello ebbe a descriverlo Lui stesso durante l'Angelus del 13 agosto 1972: "Anche noi godiamo un po' di questo dono che il Signore ci regala. Respiriamo quest' aria buona, ammiriamo la bellezza di questo quadro naturale, gustiamo l'incanto della sua luce e del suo silenzio e anche cerchiamo qualche ristoro alle nostre povere forze che sono sempre scarse e ora anche un po' stanche...". L'Anno Santo del 1975, che vide affluire a Roma numerosissimi pellegrini, indusse il Papa a recarsi in Vaticano ogni mercoledì per le Udienze generali. Iniziarono allora quegli spostamenti settimanali in elicottero che consentono al Papa di raggiungere rapidamente il Vaticano senza turbare il normale svolgersi del già congestionato traffico stradale sulla via Appia. Numerose sono le opere volute e realizzate da Paolo VI a favore della popolazione di Castel Gandolfo, quali la moderna Scuola elementare pontificia che ora porta il Suo nome, la chiesa di San Paolo con annesso complesso per le opere pastorali nell'omonimo popoloso quartiere sorto a ridosso della Via Appia, e la chiesa della Madonna del Lago. Il 14 luglio 1978 il Papa si trasferì a Castel Gandolfo rinnovando come ogni anno la speranza che la salubrità dell'aria lo rimettesse, come di consueto, in forze. Ma domenica 6 agosto, a causa di un accesso di febbre, non poté affacciarsi al balcone del Palazzo per la recita dell'Angelus e in serata rendeva la sua anima a Dio.
Giovanni Paolo I Luciani, eletto il 26 agosto 1978, non ebbe la possibilità di recarsi a Castel Gandolfo nel corso del suo breve pontificato, durato appena 33 giorni.
Nel pomeriggio di domenica 8 ottobre il Cardinale Karol Wojtyla, Arcivescovo di Cracovia, presente a Roma per il Conclave, si recava nelle Ville Pontificie per trascorrervi qualche ora in serena tranquillità. Dopo otto giorni, nel pomeriggio del 16 ottobre 1978, i romani e i pellegrini accorsi in Piazza San Pietro dopo la fumata bianca, acclamavano in lui il primo Papa polacco della storia, che assumeva il nome di Giovanni Paolo Il. Il Pontefice a Castel Gandolfo non si fece aspettare; troppo a lungo la cittadina era rimasta nel lutto per la morte di due Pontefici in meno di due mesi. Giunto sulla piazza di Castel Gandolfo nel pomeriggio del 25 ottobre, veniva accolto dall'entusiasmo dei castellani, da lui subito salutati come "concittadini".
Da allora, rivoluzionando una secolare tradizione, i soggiorni del Papa a Castel Gandolfo non si limitano più alla sola stagione estiva ma avvengono, sia pure per pochi giorni, in vari periodi dell’anno per cui si può ben dire che Castel Gandolfo è diventata la residenza alternativa del Papa.
Nel pomeriggio del 5 maggio 2005, a pochi giorni dalla sua elezione avvenuta il 19 aprile, Benedetto XVI giungeva a Castel Gandolfo in elicottero per la sua prima visita al Palazzo Apostolico e alle Ville Pontificie.
Successivamente, dalla loggia sulla Piazza di Castel Gandolfo, salutava la popolazione locale che, accorsa in gran numero, lo accoglieva con indicibile entusiasmo.
Il 28 luglio il Santo Padre iniziava la sua prima villeggiatura in questa antica residenza dei Papi che durò fino al 28 settembre, interrotta dal viaggio a Colonia dal 18 al 21 agosto, in occasione della XX Giornata Mondiale della Gioventù.
Riprendendo una tradizione instaurata dal Santo Padre Giovanni Paolo II, nel pomeriggio del 16 aprile 2006, Pasqua di Resurrezione, il Santo Padre si trasferiva a Castel Gandolfo per un breve periodo di riposo fino al venerdì 21.
Il soggiorno estivo aveva inizio il 28 luglio e durava fino al 4 ottobre. Da qui il 9 settembre il Santo Padre partiva per il Viaggio Apostolico in Baviera e faceva rientro in questa residenza il 14 settembre.
Anche nel 2007, l'8 aprile, Pasqua di Resurrezione, il Santo Padre si recò a Castel Gandolfo per una breve permanenza fino a venerdì 13 aprile e vi è ritornato il 14 maggio, dopo il Viaggio Apostolico in Brasile, trattenendosi fino a venerdì 18.
Il 7 luglio 2011, giunse a Castel Gandolfo per trascorrevi il periodo estivo.
La mattina dell’11 febbraio 2013, Benedetto XVI aveva convocato in Vaticano un Concistoro Ordinario Pubblico per la canonizzazione dei martiri di Otranto e di due Beate. Inaspettatamente, annunciava la rinuncia al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, con effetto dalle ore 20 del 28 febbraio 2013.
Il Direttore delle Ville Pontificie fu informato riservatamente che Benedetto XVI, la sera del 28 febbraio, si sarebbe trasferito a Castel Gandolfo, in attesa che si approntasse per lui una dimora nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano.
Nel pomeriggio del 28 febbraio Benedetto XVI giunse a Castel Gandolfo e subito si affacciò sulla piazza per salutare i numerosi fedeli presenti. Si ritirò quindi nel suo appartamento. Alle ore 20, davanti a una piazza illuminata a giorno e gremita di gente in attesa di un evento storico così particolare e significativo, veniva chiuso il portone del Palazzo. Contemporaneamente si ammainava la bandiera issata sul Palazzo nei periodi di permanenza del Papa. Era il segno visibile dell’inizio della sede vacante. Il Papa emerito sarebbe rimasto in quella residenza fino al 2 maggio, data del suo rientro in Vaticano.
Il 13 marzo 2013 venne eletto il nuovo Papa, il Cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio, Arcivescovo di Buenos Aires, che scelse il nome di Francesco.
La prima visita di Papa Francesco a Castel Gandolfo avvenne il 23 marzo 2013, in tarda mattinata. All’eliporto delle Ville Pontificie trovava ad attenderlo il Papa emerito, il Vescovo di Albano e il Direttore delle Ville.
Papa Francesco e il Papa emerito si recavano subito a Palazzo per il colloquio e il pranzo. Fu veramente un inedito storico vedere il Santo Padre e il suo Predecessore sedere fianco a fianco nella stessa vettura. La visita ebbe come unico scopo quello di un incontro, fraterno e cordiale, del Santo Padre con il Papa emerito. Restava però in tutti gli abitanti del luogo la trepidante attesa del ritorno di Papa Francesco a Castel Gandolfo per avere la gioia di accoglierlo e salutarlo personalmente.
Finalmente, domenica 14 luglio, Papa Francesco giunse in mattinata al Palazzo. Nel cortile il Pontefice salutava il Vescovo con alcuni dipendenti della curia vescovile, i dipendenti delle Ville Pontificie presentati dal Direttore, il sindaco di Castel Gandolfo con il consiglio comunale, il parroco con i suoi confratelli Salesiani e le maestre Pie Filippini. Alle 12, il Papa recitava l’Angelus di fronte ad alcune migliaia di persone. Successivamente, il Papa si recava al Monastero delle Clarisse, nella zona delle Ville Pontificie al confine con Albano Laziale, e poi alla adiacente sede dei Gesuiti della Specola Vaticana.
Il Santo Padre giunse nuovamente a Castel Gandolfo il 15 agosto per onorare la tradizione instaurata da Giovanni XXIII. Quella di celebrare la Messa nella chiesa parrocchiale di Castel Gandolfo nella solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria. Per l’occasione la Messa fu celebrata sulla piazza di Castel Gandolfo perché la chiesa non sarebbe stata in grado di accogliere le migliaia di persone presenti. Dopo il rito, il Papa visitò la chiesa, accolto dal Vescovo e dal parroco. Papa Francesco è sempre vivo e presente in tutti gli abitanti di Castel Gandolfo che lo seguono con affetto e lo sostengono con la preghiera.