Il visitatore che entra per la prima volta nelle Ville Pontificie di Castel Gandolfo non immagina certo di trovarsi di fronte ai cospicui resti di una delle più famose ville dell'antichità, l'Albanum Domitiani, la grandiosa residenza di campagna dell'imperatore Domiziano (81-96 d.C.), la quale si sviluppava per circa 14 chilometri quadrati dalla Via Appia fino a comprendere il lago Albano. Le Ville Pontificie si estendono sui resti della parte centrale della residenza, la quale includeva, secondo l'ipotesi formulata da insigni studiosi, anche l'Arx Albana, posta all'estremità della collina di Castel Gandolfo, dove ora si trova il Palazzo Pontificio, e che un tempo ospitava il centro dell'antica Albalonga.
La Villa di Domiziano era ubicata sul versante occidentale della collina, in posizione dominante sul mare Tirreno. Il pendio era stato tagliato in tre grandi ripiani digradanti verso il mare. Il primo, più in alto, comprendeva le abitazioni dei servi imperiali, i vari servizi e le cisterne, alimentate dalle sorgenti di Palazzolo - poste sulla sponda opposta del lago - mediante tre acquedotti, ancora in parte esistenti, che riforniscono la Villa papale e l'abitato di Castel Gandolfo. Sul ripiano mediano, delimitato a monte da un grande muraglione di sostruzione, interrotto da quattro ninfei a pianta alternatamente rettangolare e semicircolare, sorgevano il palazzo imperiale ed il teatro. Il ripiano inferiore comprendeva il criptoportico, la grande passeggiata coperta dell'imperatore, lungo in origine circa trecento metri. Il ripiano si spezzava poi in più terrazze successive, per lo più destinate a giardini, una delle quali comprendeva l'ippodromo.
In questa residenza, attrezzata anche per la stagione invernale, ricca di bellezze naturali e di sontuosi edifici, monumenti ed opere d'arte, Domiziano, il "calvo Nerone" come lo chiamava Giovenale, stabilì quasi in permanenza la sua dimora.
Alla morte di Domiziano la villa passò ai suoi successori, che però preferirono stabilire altrove le loro dimore. Adriano (117-138) vi trascorse qualche breve periodo in attesa che fosse portata a compimento la villa presso Tivoli e Marco Aurelio (161-180) vi si rifugiò per alcuni giorni durante la ribellione dell'anno 175. Alcuni anni dopo,Settimio Severo (193-211) vi installò, nella parte più a sud, i castra dei suoi fedelissimi legionari partici, i quali vi accamparono stabilmente con le loro famiglie.
Iniziava così la decadenza della villa imperiale i cui monumenti, già privati delle loro opere d'arte e di ogni prezioso ornamento, furono sistematicamente demoliti per impiegare marmi e laterizi nelle nuove costruzioni che diedero origine al primo nucleo abitativo della cittadina di Albano. Un altro insediamento, prevalentemente di agricoltori, si costituì a nord della villa sul crinale del lago verso "Cucuruttus" (l'attuale Montecucco) dando origine assai più tardi all'odierna Castel Gandolfo.
L'imperatore Costantino (306-337), che aveva allontanato dal territorio i turbolenti legionari partici con le loro famiglie, tra i benefici conferiti alla basilica di San Giovanni Battista, l’attuale cattedrale di Albano, includeva anche la possessio Tiberii Caesaris, cioè l'area della villa domizianea.
Fatta eccezione per alcune memorie di atti censuari o patrimoniali che si riferiscono a queste terre, la storia tace fino al XII secolo. Non così le spoliazioni di marmi e di opere d'arte che continuarono a lungo. Nel XIV secolo il saccheggio divenne sistematico, alla ricerca di marmi per la costruzione del duomo di Orvieto.
Intorno al 1200 sulla collina viene costruito, forse sulle rovine dell'antica Albalonga, il castello della famiglia genovese dei Gandolfi, da cui prende il nome l’odierna Castel Gandolfo. La rocca era una fortezza quadrata posta al culmine della collina con alte mura merlate ed un piccolo cortile ancora esistente, circondata da un possente bastione che la rendeva pressoché inespugnabile. Dopo alcuni decenni, passò in proprietà dei Savelli che, con alterne vicende, la tennero per circa tre secoli.
Fu nel luglio del 1596, sotto il pontificato di Clemente VIII Aldobrandini (l592-1605), che la Camera Apostolica prese possesso di Castel Gandolfo e di Rocca Priora, con la bolla detta Congregazione dei Baroni, togliendoli ai Savelli che si erano rifiutati di onorare un debito di 150.000 scudi. Più tardi parte del debito venne restituita e Rocca Priora ritornò ai Savelli mentre Castel Gandolfo venne dichiarata patrimonio inalienabile della Santa Sede ed incorporata definitivamente, con decreto concistoriale del 27 maggio 1604, nel dominio temporale della Chiesa.
Paolo V Borghese (1605-1621), sollecitato dalla comunità di Castel Gandolfo, dotò la cittadina e la rocca di acqua in abbondanza, provvedendo a far restaurare l’acquedotto che portava le acque dalle sorgenti di Malafitto, l’odierna Palazzolo. Si preoccupò inoltre di rendere più salubre la zona, prosciugando dalle acque palustri il laghetto di Turno, come ricorda una delle lapidi collocate sul fronte del Palazzo Pontificio.
Urbano VIII Barberini (l623-1644), che già da Cardinale amava soggiornare a Castel Gandolfo, fu il primo Papa a villeggiare in questa residenza, nella primavera del 1626, una volta terminati i lavori di sistemazione ed ampliamento del Palazzo, affidati a Carlo Maderno, coadiuvato da Bartolomeo Breccioli e Domenico Castelli come sottoarchitetti. Incorporata la rocca con opportuni rifacimenti, fu costruita l'ala del palazzo verso il lago e la parte sinistra dell’attuale facciata, fino al portone di ingresso. Fu pure impiantato il giardino del palazzo (Giardino del Moro), di modeste proporzioni, tuttora fedele al disegno originario, con alcuni viali che lo tagliano a riquadri regolari, segnati da siepi di mortella. Il fiorentino Simone Lagi provvide a decorare con affreschi la Cappella privata, il piccolo Oratorio contiguo e la Sacrestia. All'opera di Urbano VIII sono legate anche le due suggestive strade alberate, dette "Galleria di sopra" e "Galleria di sotto" che costeggiano la Villa Barberini e collegano Castel Gandolfo con Albano.
Alessandro VII Chigi (1655-1667) completò la costruzione del Palazzo pontificio con la nuova facciata verso la piazza e l’ala verso il mare, con la grande galleria costruita su disegno e con l'assistenza del Bernini.
Clemente XIV Ganganelli (1769-1774), allo scopo di dotare la proprietà di uno spazio più idoneo per le passeggiate a piedi, data l'angustia del piccolo giardino di Urbano VIII, nel marzo 1773 ampliò la residenza con l'acquisto dell'adiacente Villa Cybo. Nel 1717, quando era ancora Uditore della Camera Apostolica, il Cardinale Camillo Cybo si era fatto cedere dall'architetto Francesco Fontana "per sua nobile abitazione e Villa" la palazzina che questi aveva costruito per sé. Successivamente aveva acquistato, di fronte alla costruzione, un appezzamento di terreno, dell'estensione di circa tre ettari, che confina in alto con il borgo di Castel Gandolfo ed in basso, verso il mare, con la strada denominata "Galleria di sotto" e lo aveva trasformato in uno splendido giardino, ricco di marmi, statue e fontane di grande pregio. Questa sontuosa Villa aveva purtroppo un grave difetto: quello di avere il palazzo ed il giardino separati dalla pubblica via, la "Galleria di sotto" appunto. Il Cardinale aveva in animo di collegarli con un cavalcavia, all'altezza del piano nobile del giardino. Il progetto non si realizzò mai, non sappiamo se per mancanza di tempo o di soldi. Morto il Cardinale Cybo nel 1743, la villa passò agli eredi che la vendettero al duca di Bracciano, don Livio Odescalchi. Clemente XIV se la fece cedere alle stesse condizioni, e cioè per 18.000 scudi.
Nel 1870, con la fine dello Stato Pontificio, iniziò per la residenza papale di Castel Gandolfo un lungo periodo di abbandono e di oblio durato sessanta anni. Infatti, pur se la legge delle Guarentigie aveva assicurato al Palazzo di Castel Gandolfo "con tutte le sue attinenze e pertinenze" le stesse immunità del Vaticano e del Laterano, dopo la presa di Roma i Papi non uscirono più dal Vaticano.
Soltanto a seguito dei Patti Lateranensi tra la Santa Sede e l'Italia (1929), che ponevano fine alla spinosa "Questione romana", Castel Gandolfo tornò ad essere la residenza estiva dei Papi. Nel corso dei negoziati venne anche esaminata l'eventualità di destinare al soggiorno dei Pontefici la Villa Farnese di Caprarola oppure la Villa Doria Pamphilj sul Gianicolo. Ma alla fine la tradizione storica prevalse. Le Ville Pontificie assunsero le attuali dimensioni con l'acquisizione del complesso della Villa Barberini, dove furono impiantati giardini di nuovo disegno tra i quali meritano una particolare menzione quelli del Belvedere. Era questa la Villa che Taddeo Barberini, nipote di Urbano VIII, aveva realizzato acquistando nel 1628 terreni e vigneti corrispondenti al terrazzamento centrale della residenza domizianea e successivamente, nel 1631, la proprietà di Monsignor Scipione Visconti che comprendeva un palazzetto poi trasformato e ampliato, probabilmente su progetto del Bernini. Assai più tardi, al principio del secolo seguente, dinanzi al palazzo sarà collocata l'elegante cancellata ingegnosamente disposta in modo da consentire il passaggio degli ingombranti equipaggi del tempo, malgrado la ristrettezza dello spazio.
Dopo il 1929, si provvide ad eseguire importanti lavori di consolidamento e ristrutturazione del Palazzo pontificio per adattarlo alle nuove esigenze e ad effettuare i collegamenti tra le tre ville (Giardino del Moro, Villa Cybo e Villa Barberini) mediante il cavalcavia che unisce il tenimento Barberini con Villa Cybo e poi con la loggia che, da quest' ultima, conduce al Palazzo al di sopra della pubblica strada, sull' arco dell'antica Porta romana.
Nel Palazzo di Castel Gandolfo fu pure trasferito dal Vaticano, nel 1934 l'Osservatorio Astronomico affidato ai Padri Gesuiti, essendo venuta a mancare nella regione circostante l'oscurità notturna necessaria per le osservazioni della volta celeste.
Nell'estate del 1623 veniva eletto al Soglio pontificio il Cardinale Maffeo Barberini che assumeva il nome di Urbano VIII (l623-1644). Già parecchi anni prima il Cardinale aveva scelto per la villeggiatura Castel Gandolfo, sia per la sua incomparabile posizione panoramica, sia perché da lui considerato il luogo più salubre dei castelli romani, e a tale scopo si era costruita una modesta dimora, in prossimità delle mura del Castello, al piano superiore del torrione che ancora adesso sovrasta la Porta romana. Sono tuttora esistenti fuori delle mura, nelle vicinanze dello stesso torrione, le scuderie. Fu quindi naturale che, una volta eletto Papa, Urbano VIII scegliesse Castel Gandolfo come residenza estiva, decidendo quindi di riadattare la vecchia rocca Gandolfì-Savelli allo scopo di "provvedere ancora che i Papi avessero comodità di villeggiare nei propri palazzi, non parendogli conveniente di valersi delle case altrui", come annota il suo biografo Andrea Nicoletti. Dopo aver villeggiato per due anni a Frascati, ospite del Cardinale Scipione Borghese, il 10 maggio 1626 Urbano VIII fissò finalmente la partenza per la prima villeggiatura a Castel Gandolfo.
"Dopo il 1626 Urbano VIII ritornò fedelmente per altri undici anni alla Villa, per due volte all'anno... in aprile o, per lo più, in maggio ed una seconda volta nel mese di ottobre" per una durata da due a tre settimane. "Egli aveva una sua giornata metodica e non gli mancava mai, nelle ore di svago, la compagnia di letterati e di eruditi... Amava soprattutto le passeggiate a piedi che, specie nei primi anni, alternava sovente con lunghe cavalcate nei boschi... Durante le sue villeggiature, perché gli affari di governo non subissero remore, Urbano VIII riceveva, come d'ordinario, ministri e ambasciatori" (da Emilio Bonomelli, ibidem, p. 52). Dopo la malattia del 1637 che fece addirittura temere per la sua vita, Urbano VIII rinunciò definitivamente a villeggiare nella Villa a cui era tanto affezionato per la convinzione, sua e dei medici, che ormai gli giovasse maggiormente l'aria più pesante di Roma.
Il successore di Urbano VIII, Innocenzo X Pamphilj (1644-1655), non venne mai a Castel Gandolfo nei suoi dieci anni di pontificato e raramente si allontanò da Roma.
Non così Alessandro VII Chigi (1655-1667) che soggiornò regolarmente a Castel Gandolfo due volte l’anno, in primavera e in autunno, per periodi variabili da 20 giorni ad un mese. Papa Chigi era particolarmente sensibile alle bellezze del lago e del verde circostante, propizie alle meditazioni e ai silenzi, ed era solito fare lunghe passeggiate per i viali tracciati tra i boschi di lecci e di castani. Ed infine lo attiravano le gite sul lago che percorreva su un grosso brigantino che era stato trasportato appositamente a Castel Gandolfo da Ripa Grande. Alessandro VII affidò al Sernini la costruzione della Chiesa parrocchiale di Castel Gandolfo, dedicata a San Tommaso da Villanova, l’arcivescovo di Valencia da lui stesso canonizzato nel 1658, mentre la Cripta fu dedicata a San Nicola.
Nessuno dei successori di Papa Chigi lasciò più Roma per la residenza estiva nei seguenti 44 anni. Soltanto Innocenzo XII Pignatelli (1691-1700) il 27 aprile 1697 pernottò a Castello, in occasione del suo viaggio ad Anzio e Nettuno, per ripartire l'indomani mattina. Giunto sulla piazza in una sera di nebbia e di pioggia il luogo gli apparve tanto uggioso che non fu invogliato a ritornavi.
Clemente XI Albani (1700-1721) passò i primi nove anni del suo pontificato senza mai allontanarsi da Roma. Ma dopo una grave malattia nell'estate del 1709, nel maggio del 1710 si recò a Castel Gandolfo su consiglio dei medici e, visti i buoni risultati, vi ritornò per sei anni di seguito fino al 1715. Durante il suo primo soggiorno castellano Papa Albani emanò un rescritto con il quale conferiva a Castel Gandolfo il titolo di "Villa Pontificia". Tale riconoscimento, durato fino alla fine dello Stato Pontificio, comportava, per i cittadini di Castel Gandolfo, il privilegio di essere sottratti alla giurisdizione delle comuni magistrature amministrative e giudiziarie e di essere assoggettati a quelle speciali del Prefetto del Palazzo Apostolico e Maggiordomo. I soggiorni di Papa Albani furono improntati a grande dimestichezza con i castellani, specie i più poveri, che il Papa fece destinatari di numerose liberalità. A Clemente XI si debbono i lavori fatti a Palazzo per restaurarlo dopo il lungo abbandono e gli abbellimenti apportati al paese il cui nucleo abitativo si era notevolmente ampliato. Una lapide posta all'inizio del corso di Castel Gandolfo, tuttora esistente, ricorda le opere realizzate dal Papa a beneficio della cittadina.
La Villa pontificia non fu più frequentata dai successori di Papa Albani per la durata di 25 anni ed il Palazzo si riaprì nel giugno del 1741 per accogliere Papa Benedetto XIV Lambertini (1740-1758), eletto nell' estate precedente. Egli "fu uno dei pontefici che più si affezionarono a Castel Gandolfo dove, come soleva dire, poteva tirar fuori l'anima dal torchio" (da Emilio Bonomelli, I Papi in campagna, p.111). Le sue villeggiature assunsero un tono di grande semplicità, lontane dai fasti di quelle dei suoi predecessori: "Non voglio rompimenti di testa. Ce li siropperemo quando saremo a Roma", usava rispondere alle petulanti e spesso inopportune richieste di udienze e di visite che gli venivano presentate. Durante il suo pontificato egli non trascurò di curare e abbellire il palazzo. Tra le opere principali ricordiamo la decorazione della galleria di Alessandro VII, ad opera di Pier Leone Ghezzi, con ariosi dipinti a tempera che rappresentano vedute panoramiche dei colli Albani, vivacizzate da gustose scenette rustiche, e della nuova Loggia delle Benedizioni, fatta costruire nel 1749, con il bell'orologio che la sovrasta.
Clemente XIII Rezzonico (1758-1769), succeduto a Papa Lambertini nel 1758, fin dall'anno seguente si recò a Castel Gandolfo. Il cambiamento d'aria che gli era stato consigliato dai medici gli giovò in modo così evidente che egli vi fece ritorno per altri sei anni, per periodi di circa un mese, fino al 1765. Solo negli ultimi tre anni le preoccupazioni sempre crescenti del suo pontificato gli impedirono di salire a Castello come avrebbe desiderato. Il suo nome resta legato alle preziose suppellettili ed opere d'arte con le quali arricchì la Chiesa parrocchiale e alla Cappella privata del Palazzo. Una lapide collocata sulla Porta romana ricorda i lavori ordinati dal Papa per ampliarla e per addolcire la strada di accesso.
Il suo successore Clemente XIV Ganganelli (1769-1774) occupò il Soglio pontificio per poco più di cinque anni e per ben cinque volte, nell' autunno di ogni anno, trascorse le sue vacanze a Castello. Di natura vivace ed esuberante, di umore gaio e faceto, egli era desideroso di moto e di svago. A Castel Gandolfo perciò "non si limitava alle brevi passeggiate a piedi, per le famose gallerie e per le ville, ma spesso usciva a cavallo dal palazzo. .. in un costume bianco da viaggio con stivali e tricorno bianchi" (ibid., p. 149). E, una volta fuori dell'abitato, amava lanciare il suo cavallo a tale velocità che nessuno del seguito e della scorta gli potesse tener dietro. Ma nel 1771, dopo essere caduto due volte da cavallo ed essersi ferito ad una spalla, fu convinto dai familiari a rinunciare definitivamente al suo svago preferito. Nel 1773 ampliò la residenza pontificia con l'acquisto dell'adiacente villa Cybo.
Pio VI Braschi, eletto nel 1775, durante il lungo pontificato durato un quarto di secolo non soggiornò mai nella residenza estiva. Durante il suo regno, il 27 febbraio 1798 avveniva a Castello il sanguinoso scontro degli abitanti dei Castelli Romani (in particolare di Castel Gandolfo, Albano e Velletri) rimasti fedeli al Papa con le truppe di Gioacchino Murat. Gli insorti, dopo aver combattuto strenuamente, si rifugiarono nel Palazzo pontificio che fu sfondato a cannonate e saccheggiato dai francesi.
Il 14 marzo 1800 veniva eletto a Venezia Pio VII Chiaramonti (1800-1823) che nel 1803 riapriva il Palazzo di Castel Gandolfo dopo aver provveduto ai necessari lavori di restauro e alla provvista del mobilio. Vi ritornava nel 1804 e nel 1805 finché la procella napoleonica, prima con l'invasione degli Stati della Chiesa e infine con la prigionia stessa del Papa, rese nuovamente impossibile il soggiorno pontificio. Dopo la sua liberazione, avvenuta il 17 marzo 1814, e l'abdicazione di Napoleone, nel mese di ottobre di quell’anno Papa Chiaramonti poté finalmente riprendere le sue vacanze autunnali a Castel Gandolfo, che costituirono forse l’unico momento di pace nelle tormentate vicende del suo pontificato.
Papa Leone XII Della Genga (l823-1829) si recò a Castel Gandolfo un solo giorno, il 21 ottobre 1824, ospite dei Cappuccini di Albano ma, pur visitando la Chiesa sulla piazza, non mise piede nella residenza pontificia che non riscuoteva le sue simpatie.
Nemmeno il suo successore Pio VIII Castiglioni (1829-1830), nel suo breve pontificato durato 20 mesi, salì mai a Castello.
Nel 1831 veniva eletto Papa Gregorio XVI Cappellari (1831-1846): le sue vacanze a Castello, quasi sempre in ottobre, sono state piuttosto assidue, segnate dal suo stile semplice di monaco camaldolese. Da Castello, nel 1845, Papa Cappellari si spinse un giorno fino a Tivoli, al Collegio dei Gesuiti, dove poté contemplare le prime dagherrotipie e, incuriosito, posare davanti al fotografo. Poté inoltre assistere con grande interesse a certe prove di illuminazione elettrica e osservare un modellino di battello a vapore.
Pio IX Mastai Ferretti (1846-1878) fece a Castello villeggiature brevi e saltuarie nelle stagioni più diverse, alternandole con alcuni soggiorni al Porto di Anzio. Egli non aveva infatti un particolare trasporto per la vita di campagna e, più di questa, amava la città nella quale soleva muoversi abbastanza disinvoltamente. I vecchi castellani si tramandano i ricordi di Papa Mastai che con grande semplicità usciva a piedi per il paese, entrava nelle case del borgo e spesso, trovata la pentola sui fornelli, ne sollevava il coperchio per rendersi conto se il cibo fosse sufficiente, sopperendo, in caso contrario, con elargizioni in denaro. A Castel Gandolfo Pio IX concedeva udienza con una larghezza mai usata dai suoi predecessori e negli ultimi anni, con la crescente facilità dei viaggi, si videro arrivare nella cittadina, anche a gruppi numerosi, i pellegrini stranieri. L'ultimo soggiorno castellano di Papa Mastai durò dal 28 al 3l maggio 1869 e fu ispirato esclusivamente dal desiderio di venerare il miracoloso Crocifisso di Nemi del quale si celebrava quell’anno il secondo centenario. Erano gli ultimi mesi di vita dello Stato pontificio, che avrebbe visto la fine con la presa di Porta Pia, il 20 settembre 1870.
Anche se dopo il 1870 e fino alla Conciliazione i Papi non uscirono mai dal Vaticano, non per questo si interruppe il loro legame affettivo con la cittadina di Castel Gandolfo. Pio IX aveva accolto nel Palazzo, dopo il 1870, due comunità di clausura, una di Monache basiliane provenienti dalla Polonia russa, l'altra di Clarisse che avevano dovuto lasciare il loro convento di Albano per l'incameramento dei beni ecclesiastici. Papa Leone XIII Pecci (1878-1903) - che aveva donato alla Chiesa parrocchiale due artistici lampioni-candelabro che ne ornano il sagrato - chiamava amabilmente "Il piccolo Castel Gandolfo" il torrione delle mura di Leone IV in Vaticano, nel quale sostava qualche volta in estate. Pio X Sarto (1903-1914) e Benedetto XV Della Chiesa (1914-1922) fecero costruire due edifici che tuttora portano il loro nome, da destinare a case popolari per i castellani meno abbienti. Pio X fece pure allestire nel Palazzo un appartamento per il soggiorno estivo del suo Segretario di Stato, il Cardinale Raffaele Merry del Val che vi trascorse periodi di circa un mese, tra agosto e settembre, dal 1904 al 1907.
Pio XI Ratti (1922-1939) può considerarsi il primo Papa dei tempi moderni ad aver soggiornato a Castel Gandolfo. Compiuti in tempi brevi gli indispensabili lavori di riadattamento della antica residenza, i suoi soggiorni, dai due mesi iniziali, arrivarono fino a sei mesi l’anno, dal 1934 al 1938. Nell'appartamento papale Pio XI fece costruire una nuova Cappella privata e vi fece collocare la riproduzione del quadro della Madonna di Czestochowa, dono dei vescovi polacchi, mentre le pareti laterali furono affrescate dal pittore Rosen di Leopoli con due fatti di storia antica e recente della Polonia: da una parte la resistenza di Czestochowa nel 1655 contro gli svedesi di Gustavo Adolfo e dall'altra la vittoria di Varsavia contro i bolscevichi del 15 agosto 1920, denominata "miracolo della Vistola". Pio XI aveva infatti trascorso in Polonia gli anni dal 1918 al 1921, prima come Visitatore e poi come Nunzio Apostolico. Dal Palazzo di castello, al tramonto della sua giornata terrena, il Papa levò più volte la voce per denunciare le nefaste dottrine del nazionalismo razziale, giungendo, nel memorabile radiomessaggio del 29 settembre 1938, ad offrire la sua vita per salvare la pace.
Pio XII Pacelli (1939-1958) nel suo primo anno di pontificato si recò a Castel Gandolfo e nel mese di luglio emanò "ex arce Gandulphi" la sua prima enciclica Summi Pontificatus. Da qui, il 24 agosto 1939, inviava per radio l'estremo appello alle nazioni per scongiurare il conflitto: "Imminente è il pericolo, ma è ancora tempo. Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra". Il Papa, impegnato in una instancabile opera di pace, non tornò a Castel Gandolfo negli anni della guerra e la residenza diventò punto di riferimento ed asilo sicuro per le popolazioni locali. Dopo gli avvenimenti seguiti all'8 settembre 1943 le popolazioni di Castel Gandolfo e dei paesi vicini, prese dal panico, si rifugiarono nelle Ville Pontificie, che godono dei privilegi della extraterritorialità, finché non tornò la calma. Ma il 22 gennaio 1944, dopo lo sbarco di Anzio, essendo ormai tutta la zona divenuta fronte di guerra, gli abitanti di Castel Gandolfo e dintorni di nuovo accorsero ai vari ingressi delle Ville: si calcola che a dodicimila assommassero le persone che vi trovarono rifugio in quel triste periodo e vi rimasero fino alla liberazione di Roma, avvenuta il 4 giugno. L'appartamento papale fu riservato alle partorienti e vi nacquero in quei mesi circa quaranta bambini. Furono purtroppo numerose anche le vittime dei bombardamenti che si verificarono ai confini delle Ville: il primo febbraio di quell’anno furono distrutti i Conventi delle Clarisse e delle Basiliane e 18 suore vi persero la vita; il 10 febbraio uguale sorte toccò al Collegio di Propaganda Fide, con oltre 500 morti e numerosi feriti.
Soltanto il 22 agosto del 1946 il Papa riprese i soggiorni estivi a Castello, che si susseguirono regolarmente ogni anno fino al 1958, per periodi anche di cinque mesi. Se si eccettua il periodo della guerra si può dire che Papa Pacelli ha trascorso a Castel Gandolfo quasi un terzo del suo pontificato. E proprio a Castel Gandolfo Papa Pacelli, all'alba del 9 ottobre 1958, chiudeva la sua giornata terrena, primo Papa nella storia di questa residenza.
Il 28 ottobre veniva eletto Giovanni XXIlI Roncalli (1958-1963) che, pochi giorni dopo, si recò a Castello. Una lapide posta all'interno della chiesa parrocchiale ricorda la munificenza del Papa che volle restituito il tempio e la cripta sottostante al loro primitivo decoro. Papa Giovanni instaurò due tradizioni a Castel Gandolfo: la recita dell'Angelus la domenica mattina nel cortile del Palazzo e la Santa Messa in parrocchia per la festività dell'Assunta.
Paolo VI Montini (1963-1978) dopo alcune settimane dalla sua elezione, avvenuta il 21 giugno, venne a Castel Gandolfo il 5 agosto per il soggiorno estivo e vi ritornò ogni anno, da metà luglio a metà settembre. Il carattere schivo e riservato non gli ha impedito di stabilire con gli abitanti di Castel Gandolfo e delle Ville un rapporto di affettuosa cordialità e di paterna sollecitudine. Quale fosse la sua giornata a Castello ebbe a descriverlo Lui stesso durante l'Angelus del 13 agosto 1972: "Anche noi godiamo un po' di questo dono che il Signore ci regala. Respiriamo quest' aria buona, ammiriamo la bellezza di questo quadro naturale, gustiamo l'incanto della sua luce e del suo silenzio e anche cerchiamo qualche ristoro alle nostre povere forze che sono sempre scarse e ora anche un po' stanche...". L'Anno Santo del 1975, che vide affluire a Roma numerosissimi pellegrini, indusse il Papa a recarsi in Vaticano ogni mercoledì per le Udienze generali. Iniziarono allora quegli spostamenti settimanali in elicottero che consentono al Papa di raggiungere rapidamente il Vaticano senza turbare il normale svolgersi del già congestionato traffico stradale sulla via Appia. Numerose sono le opere volute e realizzate da Paolo VI a favore della popolazione di Castel Gandolfo, quali la moderna Scuola elementare pontificia che ora porta il Suo nome, la chiesa di San Paolo con annesso complesso per le opere pastorali nell'omonimo popoloso quartiere sorto a ridosso della Via Appia, e la chiesa della Madonna del Lago. Il 14 luglio 1978 il Papa si trasferì a Castel Gandolfo rinnovando come ogni anno la speranza che la salubrità dell'aria lo rimettesse, come di consueto, in forze. Ma domenica 6 agosto, a causa di un accesso di febbre, non poté affacciarsi al balcone del Palazzo per la recita dell'Angelus e in serata rendeva la sua anima a Dio.
Giovanni Paolo I Luciani, eletto il 26 agosto 1978, non ebbe la possibilità di recarsi a Castel Gandolfo nel corso del suo breve pontificato, durato appena 33 giorni.
Nel pomeriggio di domenica 8 ottobre il Cardinale Karol Wojtyla, Arcivescovo di Cracovia, presente a Roma per il Conclave, si recava nelle Ville Pontificie per trascorrervi qualche ora in serena tranquillità. Dopo otto giorni, nel pomeriggio del 16 ottobre 1978, i romani e i pellegrini accorsi in Piazza San Pietro dopo la fumata bianca, acclamavano in lui il primo Papa polacco della storia, che assumeva il nome di Giovanni Paolo Il. Il Pontefice a Castel Gandolfo non si fece aspettare; troppo a lungo la cittadina era rimasta nel lutto per la morte di due Pontefici in meno di due mesi. Giunto sulla piazza di Castel Gandolfo nel pomeriggio del 25 ottobre, veniva accolto dall'entusiasmo dei castellani, da lui subito salutati come "concittadini".
Da allora, rivoluzionando una secolare tradizione, i soggiorni del Papa a Castel Gandolfo non si limitano più alla sola stagione estiva ma avvengono, sia pure per pochi giorni, in vari periodi dell’anno per cui si può ben dire che Castel Gandolfo è diventata la residenza alternativa del Papa.
Nel pomeriggio del 5 maggio 2005, a pochi giorni dalla sua elezione avvenuta il 19 aprile, Benedetto XVI giungeva a Castel Gandolfo in elicottero per la sua prima visita al Palazzo Apostolico e alle Ville Pontificie.
Successivamente, dalla loggia sulla Piazza di Castel Gandolfo, salutava la popolazione locale che, accorsa in gran numero, lo accoglieva con indicibile entusiasmo.
Il 28 luglio il Santo Padre iniziava la sua prima villeggiatura in questa antica residenza dei Papi che durò fino al 28 settembre, interrotta dal viaggio a Colonia dal 18 al 21 agosto, in occasione della XX Giornata Mondiale della Gioventù.
Riprendendo una tradizione instaurata dal Santo Padre Giovanni Paolo II, nel pomeriggio del 16 aprile 2006, Pasqua di Resurrezione, il Santo Padre si trasferiva a Castel Gandolfo per un breve periodo di riposo fino al venerdì 21.
Il soggiorno estivo aveva inizio il 28 luglio e durava fino al 4 ottobre. Da qui il 9 settembre il Santo Padre partiva per il Viaggio Apostolico in Baviera e faceva rientro in questa residenza il 14 settembre.
Anche nel 2007, l'8 aprile, Pasqua di Resurrezione, il Santo Padre si recò a Castel Gandolfo per una breve permanenza fino a venerdì 13 aprile e vi è ritornato il 14 maggio, dopo il Viaggio Apostolico in Brasile, trattenendosi fino a venerdì 18.
Il 7 luglio 2011, giunse a Castel Gandolfo per trascorrevi il periodo estivo.
La mattina dell’11 febbraio 2013, Benedetto XVI aveva convocato in Vaticano un Concistoro Ordinario Pubblico per la canonizzazione dei martiri di Otranto e di due Beate. Inaspettatamente, annunciava la rinuncia al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, con effetto dalle ore 20 del 28 febbraio 2013.
Il Direttore delle Ville Pontificie fu informato riservatamente che Benedetto XVI, la sera del 28 febbraio, si sarebbe trasferito a Castel Gandolfo, in attesa che si approntasse per lui una dimora nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano.
Nel pomeriggio del 28 febbraio Benedetto XVI giunse a Castel Gandolfo e subito si affacciò sulla piazza per salutare i numerosi fedeli presenti. Si ritirò quindi nel suo appartamento. Alle ore 20, davanti a una piazza illuminata a giorno e gremita di gente in attesa di un evento storico così particolare e significativo, veniva chiuso il portone del Palazzo. Contemporaneamente si ammainava la bandiera issata sul Palazzo nei periodi di permanenza del Papa. Era il segno visibile dell’inizio della sede vacante. Il Papa emerito sarebbe rimasto in quella residenza fino al 2 maggio, data del suo rientro in Vaticano.
Il 13 marzo 2013 venne eletto il nuovo Papa, il Cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio, Arcivescovo di Buenos Aires, che scelse il nome di Francesco.
La prima visita di Papa Francesco a Castel Gandolfo avvenne il 23 marzo 2013, in tarda mattinata. All’eliporto delle Ville Pontificie trovava ad attenderlo il Papa emerito, il Vescovo di Albano e il Direttore delle Ville.
Papa Francesco e il Papa emerito si recavano subito a Palazzo per il colloquio e il pranzo. Fu veramente un inedito storico vedere il Santo Padre e il suo Predecessore sedere fianco a fianco nella stessa vettura. La visita ebbe come unico scopo quello di un incontro, fraterno e cordiale, del Santo Padre con il Papa emerito. Restava però in tutti gli abitanti del luogo la trepidante attesa del ritorno di Papa Francesco a Castel Gandolfo per avere la gioia di accoglierlo e salutarlo personalmente.
Finalmente, domenica 14 luglio, Papa Francesco giunse in mattinata al Palazzo. Nel cortile il Pontefice salutava il Vescovo con alcuni dipendenti della curia vescovile, i dipendenti delle Ville Pontificie presentati dal Direttore, il sindaco di Castel Gandolfo con il consiglio comunale, il parroco con i suoi confratelli Salesiani e le maestre Pie Filippini. Alle 12, il Papa recitava l’Angelus di fronte ad alcune migliaia di persone. Successivamente, il Papa si recava al Monastero delle Clarisse, nella zona delle Ville Pontificie al confine con Albano Laziale, e poi alla adiacente sede dei Gesuiti della Specola Vaticana.
Il Santo Padre giunse nuovamente a Castel Gandolfo il 15 agosto per onorare la tradizione instaurata da Giovanni XXIII. Quella di celebrare la Messa nella chiesa parrocchiale di Castel Gandolfo nella solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria. Per l’occasione la Messa fu celebrata sulla piazza di Castel Gandolfo perché la chiesa non sarebbe stata in grado di accogliere le migliaia di persone presenti. Dopo il rito, il Papa visitò la chiesa, accolto dal Vescovo e dal parroco. Papa Francesco è sempre vivo e presente in tutti gli abitanti di Castel Gandolfo che lo seguono con affetto e lo sostengono con la preghiera.
El visitante que entra por primera vez en las Villas Pontificias de Castel Gandolfo ciertamente no se imagina que se encuentra frente a los llamativos restos de una de las villas más famosas de la Antigüedad, el Albanum Domitiani, la grandiosa residencia campestre del emperador Domiciano (81-96 d.C.), que se extendía a lo largo de unos 14 kilómetros cuadrados desde la Via Appia hasta el lago Albano. Las Villas Pontificias se extienden sobre los restos de la parte central de aquella residencia, que también incluía, según la hipótesis formulada por eminentes eruditos, el Arx Albana, situado al final de la colina de Castel Gandolfo, donde ahora se alza el Palacio Papal, y que antaño albergaba el centro de la antigua Albalonga.
La Villa de Domiciano estaba situada en la ladera occidental de la colina, con vistas al mar Tirreno. La ladera estaba cortada en tres grandes salientes inclinados hacia el mar. El primero, más elevado, comprendía las viviendas de los servidores imperiales, los diversos servicios y las cisternas, alimentadas desde las fuentes del Palazzolo - situadas en la orilla opuesta del lago - por tres acueductos, aún parcialmente existentes, que abastecían a la villa papal y a la ciudad de Castel Gandolfo. En la vertiente central, bordeada aguas arriba por un gran muro de contención, interrumpido por cuatro ninfeos de planta alterna rectangular y semicircular, se alzaban el palacio imperial y el teatro. La vertiente inferior incluía el criptopórtico, el gran paseo cubierto del emperador, originalmente de unos trescientos metros de largo. A continuación, la plataforma se dividía en varias terrazas sucesivas, en su mayoría destinadas a jardines, una de las cuales incluía el hipódromo.
En esta residencia, acondicionada también para la estación invernal, rica en belleza natural y suntuosos edificios, monumentos y obras de arte, Domiciano, el “Nerón calvo” como le llamaba Juvenal, estableció su residencia de forma casi permanente.
Tras la muerte de Domiciano, la villa pasó a manos de sus sucesores, que prefirieron establecer sus residencias en otros lugares. Adriano (117-138) pasó allí unas breves temporadas mientras esperaba a que se terminara la villa de Tívoli, y Marco Aurelio (161-180) se refugió allí unos días durante la rebelión del 175. Unos años más tarde, Septimio Severo (193-211) instaló en la parte más meridional el castro de sus leales legionarios, que acamparon allí permanentemente con sus familias.
Así comenzó la decadencia de la villa imperial, cuyos monumentos, ya desprovistos de sus obras de arte y de todo ornamento precioso, fueron sistemáticamente demolidos para utilizar el mármol y los ladrillos en los nuevos edificios que dieron lugar al primer asentamiento de la ciudad de Albano. Otro asentamiento, principalmente de agricultores, se estableció al norte de la villa, en la cresta del lago, hacia “Cucuruttus” (actual Montecucco), dando lugar mucho más tarde al actual Castel Gandolfo.
El emperador Constantino (306-337), que había alejado del territorio a los turbulentos legionarios partos con sus familias, entre los beneficios conferidos a la basílica de San Juan Bautista, la actual catedral de Albano, incluía también la possessio Tiberii Caesaris, es decir, el área de la villa domizianea.
A excepción de algunas memorias de actas censales o patrimoniales que se refieren a estas tierras, la historia calla hasta el siglo XII.No así las expoliaciones de mármoles y obras de arte que continuaron durante mucho tiempo. En el siglo XIV, el saqueo se hizo sistemático, en busca de mármoles para la construcción de la catedral de Orvieto.
Alrededor del año 1200 se construyó en la colina, tal vez sobre las ruinas de la antigua Albalonga, el castillo de la familia genovesa de los Gandolfi, de la que toma su nombre el actual Castel Gandolfo. Se trataba de una fortaleza cuadrada situada en la cima de la colina con altos muros almenados y un pequeño patio aún existente, rodeado por un poderoso bastión que la hacía casi inexpugnable. Después de unas décadas, pasó a ser propiedad de los Savelli que, con vicisitudes alternas, la mantuvieron durante unos tres siglos.
Fue en julio de 1596, bajo el pontificado de Clemente VIII Aldobrandini (l592-1605), cuando la Cámara Apostólica tomó posesión de Castel Gandolfo y de Rocca Priora, con la bula llamada Congregación de los Barones, quitándoles a los Savelli que se habían negado a honrar una deuda de 150.000 escudos. Más tarde, parte de la deuda fue devuelta y Rocca Priora regresó a los Savelli, mientras que Castel Gandolfo fue declarada patrimonio inalienable de la Santa Sede e incorporada definitivamente, por decreto consistorial del 27 de mayo de 1604, al dominio temporal de la Iglesia.
Paolo V Borghese (1605-1621), solicitado por la comunidad de Castel Gandolfo, dotó a la ciudad y a la fortaleza de agua en abundancia, procediendo a restaurar el acueducto que llevaba las aguas de los manantiales de Malafitto, el actual Palazzolo. También se preocupó por hacer que la zona fuera más saludable, drenando el estanque de Turno de las aguas pantanosas, como recuerda una de las lápidas colocadas en el frente del Palacio Pontificio.
Urbano VIII Barberini (l623-1644), que ya como cardenal amaba quedarse en Castel Gandolfo, fue el primer Papa que visitó esta residencia en la primavera de 1626, una vez terminadas las obras de acondicionamiento y ampliación del palacio, encomendadas a Carlo Maderno, asistido por Bartolomeo Breccioli y Domenico Castelli como subarquitectos. Incorporada la fortaleza con las reformas adecuadas, se construyó el ala del palacio hacia el lago y la parte izquierda de la fachada actual, hasta la puerta de entrada. También se instaló el jardín del palacio (Giardino del Moro), de proporciones modestas, aún fiel al diseño original, con algunas avenidas que lo cortan en cuadrados regulares, marcados por setos de mortella. El florentino Simone Lagi decoró con frescos la capilla privada, el pequeño oratorio contiguo y la sacristía. A la obra de Urbano VIII también están vinculadas las dos sugerentes calles arboladas, llamadas “Galería de arriba” y “Galería de abajo”, que bordean la Villa Barberini y conectan Castel Gandolfo con Albano.
Alejandro VII Chigi (1655-1667) completó la construcción del Palacio Pontificio con la nueva fachada hacia la plaza y el ala hacia el mar, con la gran galería construida según diseño y con la ayuda de Bernini.
Clemente XIV Ganganelli (1769-1774), con el fin de dotar a la propiedad de un espacio más idóneo para los paseos a pie, dada la angustia del pequeño jardín de Urbano VIII, en marzo de 1773 amplió la residencia con la compra de la adyacente Villa Cybo. En 1717, cuando todavía era auditor de la Cámara Apostólica, el cardenal Camillo Cybo se había hecho ceder por el arquitecto Francesco Fontana “para su noble vivienda y Villa” el palacete que éste había construido para sí.
Posteriormente había adquirido, frente a la construcción, una parcela de terreno, de una extensión de unas tres hectáreas, que limita en lo alto con el pueblo de Castel Gandolfo y en lo bajo, hacia el mar, con la calle denominada “Galería de abajo” y la había transformado en un espléndido jardín, lleno de mármoles, estatuas y fuentes de gran valor. Por desgracia, esta suntuosa villa tenía un grave defecto: el de tener el palacio y el jardín separados de la vía pública, la “Galería de abajo”. El cardenal tenía la intención de conectarlos con un paso elevado, a la altura de la planta noble del jardín. El proyecto nunca se realizó, no sabemos si por falta de tiempo o de dinero. Muerto el cardenal Cybo en 1743, la villa pasó a los herederos que la vendieron al duque de Bracciano, don Livio Odescalchi. Clemente XIV se la hizo ceder en las mismas condiciones, es decir, por 18.000 escudos.
En 1870, con el fin de los Estados Pontificios, comenzó para la residencia papal de Castel Gandolfo un largo periodo de abandono y olvido que duró sesenta años. De hecho, aunque la ley de las Garantías había asegurado al Palacio de Castel Gandolfo “con todas sus dependencias y pertinencias” las mismas inmunidades del Vaticano y del Laterano, después de la toma de Roma los Papas ya no salieron del Vaticano.
Solo después de los Pactos de Letrán entre la Santa Sede e Italia (1929), que pusieron fin a la espinosa “Cuestión romana”, Castel Gandolfo volvió a ser la residencia de verano de los Papas. Durante las negociaciones también se examinó la posibilidad de destinar a la estancia de los Pontífices la Villa Farnese de Caprarola o la Villa Doria Pamphilj en el Janículo. Pero al final la tradición histórica prevaleció. Las Villas Pontificias adquirieron sus dimensiones actuales con la adquisición del complejo de la Villa Barberini, donde se instalaron jardines de nuevo diseño, entre los que merecen una mención especial los del Belvedere. Esta era la villa que Taddeo Barberini, sobrino de Urbano VIII, había construido comprando en 1628 terrenos y viñedos correspondientes a la terraza central de la residencia domizianea y, posteriormente, en 1631, la propiedad de monseñor Scipione Visconti, que incluía un edificio transformado y ampliado, probablemente según el proyecto de Bernini. Mucho más tarde, a principios del siglo siguiente, frente al palacio se colocará la elegante verja ingeniosamente dispuesta para permitir el paso de las voluminosas escuadrillas de aquella época, a pesar de la estrechez del espacio.
Después de 1929, se procedió a realizar importantes trabajos de consolidación y reestructuración del Palacio Pontificio para adaptarlo a las nuevas necesidades y a efectuar las conexiones entre las tres villas (Jardín del Moro, Villa Cybo y Villa Barberini) mediante el paso elevado que une la finca Barberini con Villa Cybo y luego con la logia que, desde esta última, conduce al Palacio por encima de la calle pública, en el arco de la antigua Puerta romana.
Al Palacio de Castel Gandolfo también fue trasladado por el Vaticano, en 1934, el Observatorio Astronómico confiado a los padres jesuitas, habiendo desaparecido en la región circundante la oscuridad nocturna necesaria para observar la bóveda celeste.
En el verano de 1623 fue elegido para el Solio Pontificio el cardenal Maffeo Barberini, que tomó el nombre de Urbano VIII (l623-1644). Ya varios años antes, el cardenal había elegido Castel Gandolfo para sus vacaciones, tanto por su incomparable posición panorámica como porque lo consideraba el lugar más saludable de los castillos romanos, y para ello se había construido una modesta residencia, cerca de las murallas del castillo, en la planta superior del torreón que aún hoy domina la Puerta romana. Siguen existiendo fuera de las murallas, en las inmediaciones del mismo torreón, los establos. Por lo tanto, fue natural que, una vez elegido Papa, Urbano VIII eligiera Castel Gandolfo como residencia de verano, por lo que decidió readaptar la antigua fortaleza Gandolfì-Savelli con el fin de “garantizar que los Papas tuvieran la comodidad de veranear en sus propios palacios, ya que no le parecía conveniente valerse de las casas de los demás”, como señala su biógrafo Andrea Nicoletti. Después de haber veraneado durante dos en Frascati, huésped del cardenal Scipione Borghese, el 10 de mayo de 1626 Urbano VIII fijó finalmente la salida para el primer destino de vacaciones en Castel Gandolfo.
“Después de 1626 Urbano VIII regresó fielmente durante otros once años a la Villa, dos veces al año… en abril o, en su mayoría, en mayo y una segunda vez en octubre” por una duración de dos a tres semanas. “Tenía su propio día metódico y nunca le faltaba, en las horas de ocio, la compañía de literatos y eruditos... Le gustaban sobre todo los paseos a pie que, especialmente en los primeros años, alternaba a menudo con largos paseos por el bosque... Durante sus vacaciones, para que los asuntos de gobierno no sufrieran problemas, Urbano VIII recibía, como de costumbre, ministros y embajadores” (de Emilio Bonomelli, ibidem, p. 52). Después de la enfermedad de 1637 que incluso hizo temer por su vida, Urbano VIII renunció definitivamente a pasar las vacaciones en la villa que tanto le gustaba por la convicción, suya y de los médicos, de que ahora le beneficiaba más el aire más pesado de Roma.
El sucesor de Urbano VIII, Inocencio X Pamphilj (1644-1655), nunca llegó a Castel Gandolfo en sus diez años de pontificado y rara vez se alejó de Roma.
No así Alejandro VII Chigi (1655-1667), que se alojó regularmente en Castel Gandolfo dos veces al año, en primavera y otoño, durante períodos que oscilaban entre 20 días y un mes. El Papa Chigi era particularmente sensible a la belleza del lago y del verde circundante, propicio para las meditaciones y los silencios, y solía dar largos paseos por las avenidas trazadas entre bosques de robles y castaños. Y finalmente lo atraían las excursiones por el lago que recorría en un gran bergantín que había sido transportado especialmente a Castel Gandolfo desde Ripa Grande. Alejandro VII encargó a Sernini la construcción de la iglesia parroquial de Castel Gandolfo, dedicada a Santo Tomás de Villanueva, el arzobispo de Valencia canonizado por él mismo en 1658, mientras que la cripta fue dedicada a San Nicolás.
Ninguno de los sucesores del Papa Chigi dejó Roma para ir a la residencia de verano en los siguientes 44 años. Solo Inocencio XII Pignatelli (1691-1700) el 27 de abril de 1697 pernoctó en Castello, con motivo de su viaje a Anzio y Neptuno, para partir a la mañana siguiente. Al llegar a la plaza en una noche de niebla y lluvia, el lugar le pareció tan sombrío que no se sintió tentado a regresar.
Clemente XI Albani (1700-1721) pasó los primeros nueve años de su pontificado sin alejarse nunca de Roma. Pero después de una grave enfermedad en el verano de 1709, en mayo de 1710 fue a Castel Gandolfo por consejo de los médicos y, dados los buenos resultados, regresó allí durante seis años seguidos hasta 1715. Durante su primera estancia castellana, el Papa Albani emitió un rescripto con el que confería a Castel Gandolfo el título de “Villa Pontificia”. Este reconocimiento, que duró hasta el final de los Estados Pontificios, implicaba, para los ciudadanos de Castel Gandolfo, el privilegio de ser sustraídos a la jurisdicción de las magistraturas administrativas y judiciales comunes y de estar sujetos a las especiales del Prefecto del Palacio Apostólico y Mayordomo. Las estancias del Papa Albani estuvieron marcadas por una gran familiaridad con los castellanos, especialmente los más pobres, a los que el Papa hizo destinatarios de numerosas liberalidades. A Clemente XI se deben los trabajos realizados en el Palacio para restaurarlo después del largo abandono y los adornos aportados al pueblo, cuyo núcleo habitacional se había ampliado considerablemente. Una lápida colocada al principio del curso de Castel Gandolfo, aún existente, recuerda las obras realizadas por el Papa en beneficio de la ciudad.
La Villa Pontificia ya no fue frecuentada por los sucesores del Papa Albani durante 25 años y el Palacio se reabrió en junio de 1741 para acoger al Papa Benedicto XIV Lambertini (1740-1758), elegido el verano anterior. Él “fue uno de los pontífices que más se aficionaron a Castel Gandolfo, donde, como solía decir, podía sacar el alma de la prensa” (de Emilio Bonomelli, I Papi in campagna (Los Papas en el campo), p.111). Sus vacaciones adquirieron un tono de gran sencillez, lejos de los fastos de las de sus predecesores: “No quiero quebraderos de cabeza. Los tendremos cuando estemos en Roma”, solía responder a las petulantes y a menudo inoportunas solicitudes de audiencias y visitas que se le presentaban. Durante su pontificado no descuidó cuidar y embellecer el palacio. Entre las obras principales recordamos la decoración de la galería de Alejandro VII, obra de Pier Leone Ghezzi, con amplias pinturas al temple que representan vistas panorámicas de las colinas albanas, animadas por sabrosas escenas rústicas, y de la nueva Logia de las Bendiciones, construida en 1749, con el hermoso reloj que la domina.
Clemente XIII Rezzonico (1758-1769), sucesor del Papa Lambertini en 1758, desde el año siguiente fue a Castel Gandolfo. El cambio de aire que le habían aconsejado los médicos le benefició de manera tan evidente que regresó allí durante otros seis años, durante períodos de aproximadamente un mes, hasta 1765. Solo en los últimos tres años las preocupaciones cada vez mayores de su pontificado le impidieron subir a Castello como hubiera deseado. Su nombre sigue vinculado a los preciosos muebles y obras de arte con los que enriqueció la iglesia parroquial y la capilla privada del palacio. Una lápida colocada en la Puerta romana recuerda los trabajos ordenados por el Papa para ampliarla y suavizar el camino de acceso.
Su sucesor Clemente XIV Ganganelli (1769-1774) ocupó el Solio Pontificio durante poco más de cinco años y cinco veces, en el otoño de cada año, pasó sus vacaciones en Castello. De naturaleza vivaz y exuberante, de humor alegre y chistoso, estaba ansioso por el movimiento y el ocio. En Castel Gandolfo, por lo tanto, “no se limitaba a los cortos paseos a pie, por las famosas galerías y por las villas, sino que a menudo salía a caballo del palacio... en un traje blanco de viaje con botas y tricornio blancos” (ibíd., p. 149). Y, una vez fuera de la población, le encantaba lanzar su caballo a tal velocidad que nadie del séquito ni de la escolta pudiera seguirle la pista. Pero en 1771, tras caerse dos veces del caballo y lesionarse en el hombro, fue persuadido por sus familiares a renunciar definitivamente a su ocio favorito. En 1773 amplió la residencia pontificia con la compra de la villa Cybo adyacente.
Pío VI Braschi, elegido en 1775, durante el largo pontificado de un cuarto de siglo nunca se alojó en la residencia de verano. Durante su reinado, el 27 de febrero de 1798 tuvo lugar en Castello el sangriento enfrentamiento de los habitantes de los Castelli Romani (en particular de Castel Gandolfo, Albano y Velletri) que permanecieron fieles al Papa con las tropas de Joaquín Murat. Los insurgentes, después de luchar arduamente, se refugiaron en el Palacio Pontificio, que fue destruido a cañonazos y saqueado por los franceses.
El 14 de marzo de 1800 fue elegido en Venecia Pío VII Chiaramonti (1800-1823), que en 1803 reabrió el Palacio de Castel Gandolfo después de haber llevado a cabo los trabajos de restauración necesarios y la provisión de muebles. Volvía en 1804 y 1805 hasta que la procesión napoleónica, primero con la invasión de los Estados de la Iglesia y finalmente con el encarcelamiento mismo del Papa, hizo nuevamente imposible la estancia pontificia. Tras su liberación, el 17 de marzo de 1814, y la abdicación de Napoleón, en octubre de ese año el Papa Chiaramonti pudo finalmente reanudar sus vacaciones de otoño en Castel Gandolfo, que constituyeron quizás el único momento de paz en los atormentados acontecimientos de su pontificado.
El Papa León XII Della Genga (l823-1829) fue a Castel Gandolfo un solo día, el 21 de octubre de 1824, huésped de los Capuchinos de Albano pero, aunque visitó la Iglesia en la plaza, no puso un pie en la residencia pontificia, que no despertaba su simpatía.
Tampoco su sucesor Pío VIII Castiglioni (1829-1830), en su breve pontificado de 20 meses, subió a Castello.
En 1831 fue elegido Papa Gregorio XVI Cappellari (1831-1846): sus vacaciones en Castello, casi siempre en octubre, fueron bastante asiduas, marcadas por su estilo sencillo de monje camaldulense. Desde Castello, en 1845, el Papa Cappellari fue un día hasta Tivoli, al Colegio de los Jesuitas, donde pudo contemplar las primeras daguerrotipias y, intrigado, posar frente al fotógrafo. También pudo asistir con gran interés a ciertas pruebas de iluminación eléctrica y observar un modelo de barco de vapor.
Pío IX Mastai Ferretti (1846-1878) pasó en Castello vacaciones cortas y ocasionales en las estaciones más diversas, alternándolas con algunas estancias en el puerto de Anzio. De hecho, no tenía un transporte particular para la vida en el campo y, más que eso, amaba la ciudad en la que solía moverse con bastante facilidad. Los antiguos castellanos transmiten los recuerdos del Papa Mastai, que con gran sencillez salía a pie por el pueblo, entraba en las casas del pueblo y a menudo, al encontrar la olla en la estufa, levantaba la tapa para darse cuenta de si la comida era suficiente, supliendo, de lo contrario, con donaciones en efectivo. En Castel Gandolfo, Pío IX concedía audiencias con una amplitud nunca utilizada por sus predecesores y en los últimos años, con la creciente facilidad de los viajes, se vio llegar a la ciudad, incluso en grupos numerosos, a peregrinos extranjeros. La última estancia castellana del Papa Mastai duró del 28 al 3 de mayo de 1869 y se inspiró exclusivamente en el deseo de venerar el milagroso Crucifijo de Nemi, cuyo segundo centenario se celebraba ese año. Eran los últimos meses de vida de los Estados Pontificios, que verían el final con la toma de Porta Pia, el 20 de septiembre de 1870.
Aunque después de 1870 y hasta la Conciliación los Papas nunca salieron del Vaticano, no por ello se interrumpió su vínculo afectivo con la ciudad de Castel Gandolfo. Pío IX había acogido en el Palacio, después de 1870, a dos comunidades de clausura, una de monjas basilianas procedentes de la Polonia rusa, la otra de clarisas que habían tenido que abandonar su convento de Albano por la incautación de los bienes eclesiásticos. El papa León XIII Pecci (1878-1903), que había donado a la iglesia parroquial dos artísticas farolas-candelabro que adornan su atrio, llamaba amablemente “El pequeño Castel Gandolfo” al torreón de las murallas de León IV en el Vaticano, en el que se detenía algunas veces en verano. Pío X Sarto (1903-1914) y Benedicto XV Della Chiesa (1914-1922) construyeron dos edificios que todavía llevan su nombre, para destinarlos a viviendas sociales para los castellanos más desfavorecidos. Pío X también hizo instalar en el palacio un apartamento para la estancia de verano de su secretario de Estado, el cardenal Raffaele Merry del Val, que pasó allí períodos de aproximadamente un mes, entre agosto y septiembre, de 1904 a 1907.
Pío XI Ratti (1922-1939) puede considerarse el primer Papa de los tiempos modernos que se alojó en Castel Gandolfo. Realizados en poco tiempo los indispensables trabajos de readaptación de la antigua residencia, sus estancias, desde los dos meses iniciales, llegaron hasta seis meses al año, de 1934 a 1938. En el apartamento papal, Pío XI mandó construir una nueva capilla privada y colocó la reproducción del cuadro de la Virgen de Czestochowa, regalo de los obispos polacos, mientras que las paredes laterales fueron pintadas al fresco por el pintor Rosen de Lviv con dos hechos de la historia antigua y reciente de Polonia: por un lado, la resistencia de Czestochowa en 1655 contra los suecos de Gustavo Adolfo y, por otro, la victoria de Varsovia contra los bolcheviques del 15 de agosto de 1920, denominada “milagro del Vístula”. De hecho, Pío XI había pasado en Polonia los años de 1918 a 1921, primero como visitador y luego como nuncio apostólico. Desde el Palacio del Castillo, al atardecer de su día terrenal, el Papa alzó varias veces la voz para denunciar las nefastas doctrinas del nacionalismo racial, llegando, en el memorable radiomensaje del 29 de septiembre de 1938, a ofrecer su vida para salvar la paz.
Pío XII Pacelli (1939-1958) en su primer año de pontificado fue a Castel Gandolfo y en julio publicó “ex arce Gandulphi” su primera encíclica Summi Pontificatus. Desde aquí, el 24 de agosto de 1939, enviaba por radio el último llamamiento a las naciones para evitar el conflicto: “El peligro es inminente, pero todavía hay tiempo. No se pierde nada con la paz. Se puede perder todo con la guerra”. El Papa, comprometido en una incansable obra de paz, no regresó a Castel Gandolfo en los años de la guerra y la residencia se convirtió en un punto de referencia y asilo seguro para las poblaciones locales. Después de los acontecimientos que siguieron al 8 de septiembre de 1943, las poblaciones de Castel Gandolfo y de los pueblos vecinos, presa del pánico, se refugiaron en las Villas Pontificias, que gozan de los privilegios de la extraterritorialidad, hasta que volvió la calma. Pero el 22 de enero de 1944, después del desembarco de Anzio, ya que toda la zona se había convertido en un frente de guerra, los habitantes de Castel Gandolfo y sus alrededores acudieron de nuevo a las diversas entradas de las Villas: se calcula que doce mil personas se refugiaron allí en ese triste período y permanecieron allí hasta la liberación de Roma, el 4 de junio. El apartamento papal estaba reservado para las parturientas y en esos meses nacieron unos cuarenta niños.
Desafortunadamente, también fueron numerosas las víctimas de los bombardeos que se produjeron en los confines de las Villas: el 1 de febrero de ese año fueron destruidos los conventos de las Clarisas y de las Basilianas y 18 monjas perdieron la vida; el 10 de febrero igual suerte corrió el Colegio de Propaganda Fide, con más de 500 muertos y numerosos heridos.
No fue hasta el 22 de agosto de 1946 cuando el Papa reanudó sus estancias de verano en Castello, que se sucedieron regularmente cada año hasta 1958, durante períodos de hasta cinco meses. Si se exceptúa el periodo de la guerra, se puede decir que el Papa Pacelli pasó en Castel Gandolfo casi un tercio de su pontificado. Y precisamente en Castel Gandolfo, el Papa Pacelli, al amanecer del 9 de octubre de 1958, cerraba su jornada terrenal, el primer Papa en la historia de esta residencia.
El 28 de octubre fue elegido Giovanni XXIlI Roncalli (1958-1963) que, unos días más tarde, fue a Castello. Una lápida colocada dentro de la iglesia parroquial recuerda la generosidad del Papa que quiso devolver el templo y la cripta debajo de su decoración primitiva. El Papa Juan estableció dos tradiciones en Castel Gandolfo: el rezo del Ángelus el domingo por la mañana en el patio del palacio y la Santa Misa en la parroquia para la festividad de la Asunción.
Pablo VI Montini (1963-1978) después de algunas semanas de su elección, que tuvo lugar el 21 de junio, fue a Castel Gandolfo el 5 de agosto para su estancia de verano y regresó cada año, desde mediados de julio hasta mediados de septiembre. El carácter esquivo y reservado no le impidió establecer con los habitantes de Castel Gandolfo y de las Villas una relación de afectuosa cordialidad y de paternal solicitud. Cómo eran sus días en Castello él mismo lo describió durante el Ángelus del 13 de agosto de 1972: “También nosotros disfrutamos un poco de este don que el Señor nos regala. Respiramos este buen aire, admiramos la belleza de este marco natural, disfrutamos del encanto de su luz y de su silencio y también buscamos algún refrigerio para nuestras pobres fuerzas que siempre son escasas y ahora también están un poco cansadas...”. El Año Santo de 1975, que vio afluir a Roma numerosos peregrinos, indujo al Papa a ir al Vaticano todos los miércoles para las audiencias generales. Comenzaron entonces los desplazamientos semanales en helicóptero que permiten al Papa llegar rápidamente al Vaticano sin perturbar el normal desarrollo del ya congestionado tráfico por carretera en la Vía Apia. Son numerosas las obras deseadas y realizadas por Pablo VI a favor de la población de Castel Gandolfo, como la moderna Escuela elemental pontificia que ahora lleva su nombre, la iglesia de San Pablo con complejo anexo para las obras pastorales en el populoso barrio del mismo nombre situado cerca de la Via Appia, y la iglesia de la Madonna del Lago. El 14 de julio de 1978, el Papa se trasladó a Castel Gandolfo, renovando como cada año la esperanza de que la salubridad del aire le volviera a dar fuerzas, como de costumbre. Pero el domingo 6 de agosto, a causa de un acceso de fiebre, no pudo asomarse al balcón del Palacio para el rezo del Ángelus y por la noche entregaba su alma a Dios.
Juan Pablo I Luciani, elegido el 26 de agosto de 1978, no tuvo la oportunidad de ir a Castel Gandolfo durante su breve pontificado, que duró solo 33 días.
En la tarde del domingo 8 de octubre, el cardenal Karol Wojtyla, arzobispo de Cracovia, presente en Roma para el Cónclave, se dirigía a las Villas Pontificias para pasar unas horas en serena tranquilidad. Después de ocho días, en la tarde del 16 de octubre de 1978, los romanos y los peregrinos que acudían a la plaza de San Pedro después de la fumata blanca, aclamaban en él al primer Papa polaco de la historia, que tomaba el nombre de Juan Pablo II. El Pontífice en Castel Gandolfo no se hizo esperar; demasiado tiempo la ciudad había estado de luto por la muerte de dos Pontífices en menos de dos meses. Al llegar a la plaza de Castel Gandolfo en la tarde del 25 de octubre, fue recibido por el entusiasmo de los castellanos, a quienes saludó inmediatamente como “conciudadanos”.
Desde entonces, revolucionando una tradición centenaria, las estancias del Papa en Castel Gandolfo ya no se limitan solo a la temporada de verano, sino que tienen lugar, aunque sea durante unos días, en varios períodos del año, por lo que se puede decir que Castel Gandolfo se convirtió en la residencia alternativa del Papa.
En la tarde del 5 de mayo de 2005, pocos días después de su elección el 19 de abril, Benedicto XVI llegaba a Castel Gandolfo en helicóptero para su primera visita al Palacio Apostólico y a las Villas Pontificias.
Posteriormente, desde la logia de la plaza de Castel Gandolfo, saludaba a la población local, que acudía en gran número y la recibía con entusiasmo indecible.
El 28 de julio, el Santo Padre comenzó sus primeras vacaciones en esta antigua residencia papal que duró hasta el 28 de septiembre, interrumpida por el viaje a Colonia del 18 al 21 de agosto, con motivo de la XX Jornada Mundial de la Juventud.
Retomando una tradición establecida por el Santo Padre Juan Pablo II, en la tarde del 16 de abril de 2006, Pascua de Resurrección, el Santo Padre se trasladó a Castel Gandolfo para un breve período de descanso hasta el viernes 21.
Las vacaciones de verano comenzaban el 28 de julio y duraban hasta el 4 de octubre. Desde aquí, el 9 de septiembre, el Santo Padre partió para el viaje apostólico a Baviera y regresó a esta residencia el 14 de septiembre.
También en 2007, el 8 de abril, Pascua de Resurrección, el Santo Padre fue a Castel Gandolfo para una breve estancia hasta el viernes 13 de abril y regresó el 14 de mayo, después de su viaje apostólico a Brasil, permaneciendo hasta el viernes 18.
El 7 de julio de 2011, llegó a Castel Gandolfo para pasar allí el verano.
La mañana del 11 de febrero de 2013, Benedicto XVI había convocado en el Vaticano un Consistorio Ordinario Público para la canonización de los mártires de Otranto y de dos beatas. Inesperadamente, anunciaba la renuncia al ministerio de Obispo de Roma, Sucesor de San Pedro, con efecto a partir de las 20 horas del 28 de febrero de 2013.
El Director de las Villas Pontificias fue informado confidencialmente de que Benedicto XVI, en la tarde del 28 de febrero, se trasladaría a Castel Gandolfo, a la espera de que se preparara para él una residencia en el Monasterio Mater Ecclesiae del Vaticano.
En la tarde del 28 de febrero, Benedicto XVI llegó a Castel Gandolfo e inmediatamente se asomó a la plaza para saludar a los numerosos fieles presentes. Se retiró entonces a su apartamento. A las 20 horas, frente a una plaza iluminada abierta y llena de gente a la espera de un evento histórico tan particular y significativo, se cerraba la puerta del palacio. Al mismo tiempo se disparaba la bandera izada en el Palacio durante los periodos de permanencia del Papa. Era el signo visible del inicio de la sede vacante. El Papa emérito permanecería en esa residencia hasta el 2 de mayo, fecha de su regreso al Vaticano.
El 13 de marzo de 2013 fue elegido el nuevo Papa, el cardenal argentino Jorge Mario Bergoglio, arzobispo de Buenos Aires, que eligió el nombre de Francisco.
La primera visita del Papa Francisco a Castel Gandolfo tuvo lugar el 23 de marzo de 2013, a última hora de la mañana. En el helipuerto de las Villas Pontificias le esperaba el Papa emérito, el Obispo de Albano y el Director de las Villas.
El Papa Francisco y el Papa emérito se dirigían inmediatamente al Palacio para la entrevista y el almuerzo. Fue realmente un hecho histórico inédito ver al Santo Padre y a su predecesor sentados uno al lado del otro en el mismo coche. La visita tuvo como único objetivo un encuentro, fraterno y cordial, del Santo Padre con el Papa emérito. Todos los habitantes del lugar esperaban ansiosamente el regreso del Papa Francisco a Castel Gandolfo para tener la alegría de recibirlo y saludarlo personalmente.
Finalmente, el domingo 14 de julio, el Papa Francisco llegó por la mañana al Palacio. En el patio, el Pontífice saludaba al obispo con algunos empleados de la curia episcopal, a los empleados de las Villas Pontificias presentados por el director, al alcalde de Castel Gandolfo con el consejo municipal, al párroco con sus hermanos salesianos y a los maestros piadosos filipinos. A las 12, el Papa rezaba el Ángelus frente a miles de personas. Posteriormente, el Papa se dirigía al Monasterio de las Clarisas, en la zona de las Villas Pontificias en la frontera con Albano Laziale, y luego a la sede jesuita adyacente de la Specola Vaticana (el Observatorio Vaticano).
El Santo Padre llegó de nuevo a Castel Gandolfo el 15 de agosto para honrar la tradición establecida por Juan XXIII. La de celebrar la misa en la iglesia parroquial de Castel Gandolfo en la solemnidad de la Asunción de la Santísima Virgen María. Para la ocasión, la misa se celebró en la plaza de Castel Gandolfo porque la iglesia no sería capaz de acoger a las miles de personas presentes. Después del rito, el Papa visitó la iglesia, acogido por el obispo y el párroco. El Papa Francisco está siempre vivo y presente en todos los habitantes de Castel Gandolfo que lo siguen con afecto y lo apoyan con la oración.