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21 SETTEMBRE: SAN MATTEO APOSTOLO ED EVANGELISTA

Guido Reni, San Matteo e l'angelo, 1620 - 1622, Musei Vaticani
Un peccatore salvato dalla misericordia di Dio

Non vi sono molte notizie storiche sull’Apostolo Matteo. Il suo nome deriva da un’abbreviazione di Mattia o Matania, che vuol dire “Dono di Dio”.

Il Martirologio Romano colloca al 21 settembre la sua morte e al 6 maggio la traslazione del suo corpo dall’Etiopia a Salerno, facendo tappa a Paestum. La tradizione narra che fu ucciso mentre celebrava la Messa.

Matteo, detto anche Levi, era un “pubblicano”, cioè una persona che aveva in appalto dall’Impero romano l’esazione delle imposte. Era, quindi, un uomo inviso ai suoi connazionali per quel suo mestiere di esattore. Inoltre, agli occhi della gente, era uno che gestiva denaro impuro, perché portava impresso l’effige dell’imperatore. Per di più, collaborava con i romani, che opprimevano le persone con tributi iniqui. Pertanto, era considerato un pubblico peccatore.

Eppure, Gesù durante i primi tempi della sua predicazione in Galilea lo chiamò a seguirlo. È lo stesso Matteo, autore del primo Vangelo a raccontarlo:

“Andando via di là, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: ‘Seguimi’. Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: ‘Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?’. Udito questo, disse: ‘Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori’” (9. 9-13).

È importante notare che Matteo rispose immediatamente alla chiamata di Gesù. In questo modo, egli mostrò la sua prontezza e la sua umiltà, perché accettando di diventare discepolo del Maestro, abbandonò le sue ricchezze e il suo mestiere redditizio. Così, Matteo ospitò Gesù in casa sua. Nello scrivere il suo Vangelo in aramaico, l’autore voleva raggiungere i giudei di Palestina, per dimostrare che Gesù è il Messia, e in Lui si realizzano le profezie scritturali.

Dalla visione del profeta Ezechiele sarebbero venuti i simboli attribuiti ai Vangeli.  In effetti, nella visione, il carro di Dio è tirato dal Tetramorfo: un leone, un toro, un uomo e un’aquila, tutti alati. L’uomo alato è attribuito a San Matteo, perché le prime pagine del suo Vangelo trattano della genealogia di Gesù, a cui segue il racconto della sua nascita e infanzia.

Un riferimento a Matteo lo troviamo anche nel motto presente nello stemma di Papa Francesco: Miserando atque eligendo. Esso è tratto dalle Omelie di Beda il Venerabile (Om. 21; CCL 122, 149-151), il quale, commentando l’episodio evangelico della vocazione di Matteo, scriveva: “Vide Gesù un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: Seguimi”. Questa omelia è un omaggio alla misericordia divina e si trova nella Liturgia delle Ore della festa dell’Apostolo.

San Matteo è patrono dei controllori fiscali, banchieri, impiegati di banca, contabili e doganieri.

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