18 febbraio: Beato Giovanni da Fiesole conosciuto come Beato Angelico

La pittura strumento per far conoscere a tutti i misteri della fede
Guido di Pietro, conosciuto come Giovanni da Fiesole o meglio ancora come Beato Angelico, fu un frate domenicano con grande talento per la pittura.
Venne così chiamato per il grande messaggio di fede che pervade tutte le sue opere, per l’umiltà che lo caratterizzava e per il valore mistico che attribuiva alla luce.
Guido nacque a Vicchio di Mugello, nei dintorni di Firenze, tra il 1395 e il 1400.
Non vi sono molte notizie sulla sua famiglia d’origine, sappiamo che suo padre si chiamava Pietro e che suo fratello minore, Benedetto, scelse di consacrarsi a Dio.
Guido entrò nell’Ordine dei Predicatori ed emise i voti nel 1418 circa nel convento di San Domenico di Fiesole, con il nome di fra Giovanni.
Per un periodo rimase a Fiesole, come vicario, poi nel 1440 Cosimo il Vecchio dei Medici decise di affidargli la decorazione del convento fiorentino di San Marco, comprese le celle dei frati.
La sua educazione artistica iniziò nella zona del Mugello, per poi perfezionarsi a Firenze, presso Lorenzo Monaco e Gherardo Starnina, dai quali apprese rispettivamente l’uso di colori accesi e innaturali e di una forte luce che annullasse le ombre per esprimere il misticismo che caratterizza le sue rappresentazioni.
Infatti, il Beato Angelico vedeva la pittura come strumento per illustrare le scene del Vangelo, per rendere accessibili a tutti i misteri della fede e per mostrare gli episodi delle vite di Gesù, di Maria e dei Santi. In effetti, scelse la luce per trasmettere il messaggio di salvezza ed esprimere la bellezza divina. La sua attività artistica fu interamente dedicata alla raffigurazione delle scene evangeliche con un senso di realismo, tanto che le figure rappresentate sembrano viventi.
Nella seconda metà del 1445, venne chiamato a Roma da Eugenio IV. Nell’Urbe rimase dal 1446 al 1449, nel convento di Santa Maria sopra Minerva.
Al servizio dei Pontefici, affrescò nel 1446 la cappella del Sacramento, detta “parva”, con Storie di Cristo, distrutta all'epoca di Paolo III. Alla morte di Eugenio IV, il 23 febbraio 1447, il suo successore Niccolò V gli affidò di affrescare, nel Palazzo Apostolico, la Cappella che da lui prese il nome: Niccolina.
L'11 maggio 1447, con il consenso del Papa, si recò a Orvieto per lavorare alla volta della Cappella di San Brizio nella Cattedrale. Rientrato a Roma, completò la Cappella Niccolina entro il 1448. Due anni dopo fece ritorno a Firenze, dove venne nominato, priore del convento di San Domenico di Fiesole. Ricoprì l'incarico per due anni. Nel 1452 tornò a Roma per realizzare varie opere in Santa Maria sopra Minerva. Morì il 18 febbraio 1455 in quel convento, dove venne sepolto.
Il 3 ottobre 1982 San Giovanni Paolo II, con il motu proprio Qui res Christi gerit, concesse il culto locale del Beato Angelico e, il 18 febbraio 1984, lo proclamò Patrono universale degli artisti.