Seleziona la tua lingua

XXIX Giornata Mondiale della vita consacrata

Pellegrinaggio nella Speranza, una passeggiata per le Giornate della vita consacrata

Nel febbraio 2024, appena arrivate al Monastero Mater Ecclesiae, partecipavamo per la prima volta ad una Giornata Mondiale della vita consacrata a San Pietro, presieduta dal Santo Padre e condivisa con un gran numero di religiosi e religiose. Fu un'esperienza di vera comunione ecclesiale, che abbiamo vissuto con profonda gratitudine nel nostro primo anno nel cuore della Chiesa. Le parole del Papa, che risuonavano nel cuore con una nuova forza, ci hanno fatto prendere maggiore coscienza di ciò che la Chiesa e il mondo si aspettano dai consacrati, sia di coloro che hanno nella Chiesa il ministero della preghiera e la dedizione quotidiana da una vita nascosta e silenziosa, sia di coloro che hanno l'altissima missione di portare il Vangelo a tutti i popoli.

Questa profonda esperienza ecclesiale ci ha portato a seguire il pensiero dei Papi istituendo e continuando queste Giornate che uniscono invisibilmente i consacrati di tutto il mondo.

 

Le Giornate Mondiali della vita consacrata

Per riflettere sul significato e sull'importanza della Giornata Mondiale della vita consacrata, dovremmo forse risalire all'epoca di San Paolo VI, quando spontaneamente religiosi e sacerdoti di Roma e di altre città vicine si recavano a San Pietro nella festa della Presentazione del Signore al Tempio, per riaccendere la fiamma della loro fede e della loro speranza ascoltando il Papa, e per essere inviati con le loro candele accese nel desiderio di portare a tutti la luce benefica di Cristo. Così diceva San Paolo VI: “Cristo è davvero la luce della terra, la luce della Chiesa, la luce delle anime. Ed è per dare a Noi stessi, per dare agli altri, a tutti, la gioia di fissare gli sguardi in questo unico lume di salvezza, che, lieti di riceverli dalle vostre mani devote, mandiamo nel mondo questi ceri, perché, dovunque essi siano piamente accolti, risplenda sempre più la luce benigna di Cristo” (2 febbraio 1964).

Tempo dopo, nel 1997, alle soglie del grande giubileo dell'anno 2000, il Papa San Giovanni Paolo II istituiva per la prima volta la Giornata Mondiale della vita consacrata. In quel momento il Santo Padre ci diceva: "Voi non solo avete una storia gloriosa da ricordare e raccontare, ma una grande storia da costruire. Guardate al futuro, verso il quale lo Spirito vi spinge a continuare a fare con voi grandi cose". Così ci invitava a guardare al futuro con speranza contando sulla fedeltà di Dio e sulla potenza della sua grazia, capace di operare sempre nuove meraviglie; così ci faceva tornare alla sorgente della nostra vocazione, incoraggiandoci a fare un bilancio della nostra vita, rinnovare l'impegno della nostra consacrazione e soprattutto testimoniare che il Signore è l'Amore capace di riempire il cuore della persona umana.

Questa intuizione profetica di San Giovanni Paolo II è stata ripresa dal suo successore, Papa Benedetto XVI, che il 2 febbraio 2010 ci diceva: "Cari amici, eleviamo al Signore un inno di ringraziamento e di lode per la vita consacrata. Se non esistesse, il mondo sarebbe molto più povero. La vita consacrata testimonia la sovrabbondanza di amore che spinge a "perdere" la propria vita, come risposta alla sovrabbondanza di amore del Signore, che "ha perso" la sua vita per noi prima".

Queste Giornate sono state continuate da Papa Francesco che, nella stessa linea, ci ha incoraggiati: "Voi siete l'alba perenne della Chiesa. Voi, consacrati e consacrate, siete l'alba perenne della Chiesa. Vi auguro di ravvivare oggi stesso l'incontro con Gesù, camminando insieme verso di Lui; e così i vostri occhi si illumineranno e i vostri passi si rafforzeranno" (2018).

 

Le Giornate, Papa Francesco e la speranza

Se tutti questi Papi hanno amato e valorizzato la vita religiosa come "parte insostituibile della vita e santità della Chiesa", oggi viviamo, noi consacrati, un momento particolarmente fecondo della nostra storia, un vero mistero pasquale, in cui mentre soffriamo la diminuzione delle vocazioni alla vita consacrata, siamo incoraggiati a vivere con più profondità e radicalità la gioia della nostra consacrazione, da un Papa, lui stesso religioso. In effetti, in tutti i messaggi del Santo Padre Francesco emerge il suo essere religioso, la sua esperienza quotidiana della vita consacrata, la sua comprensione e concretezza dei voti e la sua esperienza di vita comunitaria. Per questo interpella in modo particolare le anime consacrate, e ci trasmette con rinnovata energia la fermezza della sua fede e la gioia della sua speranza.

Rileggendo, nel contesto di questo anno giubilare, le parole rivolte ai consacrati nelle giornate del 2 febbraio, si percepisce quasi subito come Papa Francesco ritorni ancora e ancora sul tema della speranza, così cara al suo cuore di pastore.

Passeggiare tra questi testi è già un pellegrinaggio di speranza, perché "il passato si apre al futuro, il vecchio in noi si apre al nuovo che Lui fa nascere".

 

  • La speranza nasce dall'incontro personale con Cristo.

 

Come far rinascere allora nell'anima la speranza in quest'anno giubilare? Il Papa lo insegna chiaramente:

 

-  “Chi incontra davvero Gesù non può rimanere uguale a prima. Egli è la novità che fa nuove tutte le cose” (2016).

 

- “L’incontro di Dio col suo popolo suscita la gioia e rinnova la speranza. Solo questo potrà restituirci la gioia e la speranza, solo questo ci salverà dal vivere in un atteggiamento di sopravvivenza. Solo questo renderà feconda la nostra vita e manterrà vivo il nostro cuore” (2017).

 

- “Dio ci chiama a incontrarlo attraverso la fedeltà a cose concrete – Dio si incontra sempre nella concretezza –: la preghiera quotidiana, la Messa, la Confessione, una carità vera, la Parola di Dio ogni giorno, la prossimità, soprattutto ai più bisognosi, spiritualmente o corporalmente. Sono cose concrete, come nella vita consacrata l’obbedienza al Superiore e alle Regole. Se si mette in pratica con amore questa legge – con amore! –, lo Spirito sopraggiunge e porta la sorpresa di Dio, come al tempio e a Cana. L’acqua della quotidianità si trasforma allora nel vino della novità e la vita, che sembra più vincolata, diventa in realtà più libera” (2019).

- “Quanto ci fa bene, come Simeone, tenere il Signore «tra le braccia» (Lc 2,28)! Non solo nella testa e nel cuore, ma tra le mani, in ogni cosa che facciamo: nella preghiera, al lavoro, a tavola, al telefono, a scuola, coi poveri, ovunque” (2018).

 

  • La speranza si sostiene con lo sguardo fisso sulla gratuità della grazia di Dio:

 

Se la speranza nasce dall'incontro con Cristo, si sostiene, secondo il Papa, ponendo lo sguardo sulla grazia di Dio:

 

- “Saper vedere la grazia è il punto di partenza. Guardare indietro, rileggere la propria storia e vedervi il dono fedele di Dio: non solo nei grandi momenti della vita, ma anche nelle fragilità, nelle debolezze, nelle miserie. Il tentatore, il diavolo insiste proprio sulle nostre miserie, sulle nostre mani vuote: “In tanti anni non sei migliorato, non hai realizzato quel che potevi, non ti han lasciato fare quello per cui eri portato, non sei stato sempre fedele, non sei capace…” e così via. Ognuno di noi conosce bene questa storia, queste parole. Noi vediamo che ciò in parte è vero e andiamo dietro a pensieri e sentimenti che ci disorientano. E rischiamo di perdere la bussola, che è la gratuità di Dio. Perché Dio sempre ci ama e si dona a noi, anche nelle nostre miserie” (2020).

 

- “Vivere l’incontro con Gesù è anche il rimedio alla paralisi della normalità, è aprirsi al quotidiano scompiglio della grazia” (2018).

- “Il consacrato è colui che ogni giorno si guarda e dice: “Tutto è dono, tutto è grazia”. Cari fratelli e sorelle, non ci siamo meritati la vita religiosa, è un dono di amore che abbiamo ricevuto. Chi sa vedere prima di tutto la grazia di Dio scopre l’antidoto alla sfiducia e allo sguardo mondano. Perché sulla vita religiosa incombe questa tentazione: avere uno sguardo mondano. È lo sguardo che non vede più la grazia di Dio come protagonista della vita e va in cerca di qualche surrogato: un po’ di successo, una consolazione affettiva, fare finalmente quello che voglio. Ma la vita consacrata, quando non ruota più attorno alla grazia di Dio, si ripiega sull’io. Perde slancio, si adagia, ristagna. E sappiamo che cosa succede: si reclamano i propri spazi e i propri diritti, ci si lascia trascinare da pettegolezzi e malignità, ci si sdegna per ogni piccola cosa che non va e si intonano le litanie del lamento – le lamentele, “padre lamentele”, “suor lamentele” -: sui fratelli, sulle sorelle, sulla comunità, sulla Chiesa, sulla società. Non si vede più il Signore in ogni cosa, ma solo il mondo con le sue dinamiche, e il cuore si rattrappisce. Così si diventa abitudinari e pragmatici, mentre dentro aumentano tristezza e sfiducia, che degenerano in rassegnazione” (2020).

 

  • La speranza si rinnova nell'incontro con l'altro:

 

- “Non si può rinnovare l’incontro col Signore senza l’altro: mai lasciare indietro, mai fare scarti generazionali, ma accompagnarsi ogni giorno, col Signore al centro” (2018).

 

- “Se si incontrano ogni giorno Gesù e i fratelli, il cuore non si polarizza verso il passato o verso il futuro, ma vive l’oggi di Dio in pace con tutti” (2018).

 

- “La vita consacrata: sboccia e fiorisce nella Chiesa; se si isola, appassisce. Essa matura quando i giovani e gli anziani camminano insieme, quando i giovani ritrovano le radici e gli anziani accolgono i frutti” (2019).

 

  • La speranza si fonda su un Dio che ci aspetta sempre:

 

- “Questo è il motivo della nostra speranza: Dio ci attende senza stancarsi mai. Dio ci attende senza stancarsi mai. E questo è il motivo della nostra speranza. Quando ci allontaniamo ci viene a cercare, quando cadiamo a terra ci rialza, quando ritorniamo a Lui dopo esserci perduti ci aspetta a braccia aperte. Il suo amore non si misura sulla bilancia dei nostri calcoli umani, ma ci infonde sempre il coraggio di ricominciare” (2021).

- "Occorre allora recuperare la grazia smarrita: andare indietro e attraverso un’intensa vita interiore, ritornare allo spirito di umiltà gioiosa, di gratitudine silenziosa. E questo si alimenta con l’adorazione, con il lavoro di ginocchia e di cuore, con la preghiera concreta che lotta e intercede, capace di risvegliare il desiderio di Dio, l’amore di un tempo, lo stupore del primo giorno, il gusto dell’attesa" (2024). 

Questi pochi testi nella loro chiarezza e semplicità lasciano intravedere qualcosa dell'anima speranzosa del nostro Papa Francesco, che insiste sempre di più sull'incontro personale con Cristo e il fratello come fonte di speranza, nel mantenere lo sguardo del cuore fisso sulla gratuità della grazia di un Dio che ci aspetta sempre:

- “Lo sguardo dei consacrati non può che essere uno sguardo di speranza. Saper sperare. Guardandosi attorno, è facile perdere la speranza: le cose che non vanno, il calo delle vocazioni… Incombe ancora la tentazione dello sguardo mondano, che azzera la speranza. Ma guardiamo al Vangelo e vediamo Simeone e Anna: erano anziani, soli, eppure non avevano perso la speranza, perché stavano a contatto col Signore. Anna «non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere» (v. 37). Ecco il segreto: non allontanarsi dal Signore, fonte della speranza. Diventiamo ciechi se non guardiamo al Signore ogni giorno, se non lo adoriamo. Adorare il Signore! Cari fratelli e sorelle, ringraziamo Dio per il dono della vita consacrata e chiediamo uno sguardo nuovo, che sa vedere la grazia, che sa cercare il prossimo, che sa sperare” (2020).

 

Il 2 febbraio, festa della Presentazione di Gesù al Tempio, celebreremo una nuova Giornata mondiale della vita consacrata. Il racconto evangelico di quel giorno parla di dono, di offerta, di donazione, ed è un'icona dell'offerta che abbiamo voluto fare seguendo Gesù, il Consacrato del Padre. L'episodio evangelico parla anche di speranza negli anziani Simeone e Anna che "aspettavano la consolazione di Israele". In questa stessa linea il Papa ci invita ad essere pellegrini verso il futuro, a non unirci a profeti di sventure che proclamano l'assurdità della vita consacrata nella Chiesa dei nostri giorni, ma piuttosto, a rivestirci di Gesù Cristo portando in alto la fiaccola della speranza.

Perciò, piene di gratitudine al popolo di Dio, che in questo giorno ci accompagna con la sua preghiera e ci fa sperimentare che siamo parte della Chiesa alla quale un giorno abbiamo dato tutto, vorremmo rivolgerci in modo particolare al nostro amato Santo Padre con le parole che il caro Beato Edoardo Pironio pronunciò in quell'altra Giornata della vita consacrata del 1984:

"Santo Padre, grazie per il dono dell'Anno Santo che ci fa tanto bene, grazie per questa Giornata di dono e di offerta. La festa della presentazione del Signore è una festa di incontro, di luce, di offerta. Vogliamo, Santo Padre, essere luce in Cristo Luce, vogliamo essere presentati al Padre per mezzo del cuore paterno di Vostra Santità, e perciò vogliamo rinnovare nelle sue mani la gioia della nostra consacrazione: dire sì ora al Signore come Maria, maestra e guida della vita consacrata. Vogliamo essere fedeli a Cristo, alla Chiesa, ai nostri fondatori, al mondo. Santo Padre, ricevi il nostro dono, presenta al Padre la nostra offerta, benedici e incoraggia il nostro sé rinnovato, illumina il nostro cammino, apri il nostro cuore alla generosità dell'amore e alla fermezza della speranza".

 

Le Benedettine del Monastero Mater Ecclesiae

Tagged under: news

Seleziona la tua lingua