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17 gennaio: Sant’Antonio abate

Padre di una moltitudine di monaci

Antonio è un monaco considerato il padre del monachesimo. La sua esperienza è conosciuta attraverso la Vita di Antionio, attribuita a Sant’Atanasio d’Alessandria, scritta nel 360. Nato a Coma, sulla riva sinistra del Nilo, in Egitto, nel 251 circa da una ricca famiglia, a diciotto anni rimase orfano. Due anni dopo, prendendo alla lettera il Vangelo, vendette tutti i suoi beni e li distribuì ai poveri. Si ritirò nel deserto e cominciò una vita di penitenza.

Da eremita, trascorse molti anni vivendo in un'antica tomba scavata nella roccia, lottando contro le tentazioni del demonio, che spesso gli appariva per distoglierlo dal suo intento. Antonio rispondeva con digiuni e penitenze, riuscendo sempre a vincere.

La sua fama di anacoreta si diffuse ben presto tra i fedeli e Antonio, che voleva vivere assolutamente distaccato dal mondo, fu costretto più volte a cambiare il luogo di ritiro.

Intorno al 311 si recò ad Alessandria per prestare aiuto e conforto ai cristiani perseguitati dall'imperatore Massimiliano; poi si ritirò, nella regione della Tebaide, sul monte Qolzoum, sul mar Rosso. Rientrò ad Alessandria poco tempo dopo per combattere l'eresia ariana.

Malgrado conducesse una vita dura e piena di privazioni, Antonio visse fino a 105 anni. Morì, infatti, il 17 gennaio del 355, nel suo eremo sul monte Qolzoum.
Sulla sua tomba, subito oggetto di venerazione da parte dei fedeli, vennero costruiti una chiesa e un monastero. Nel 635 le sue reliquie furono trasferite a Costantinopoli, e poi in Francia tra il IX e il X secolo. Attualmente, si venerano nella chiesa di Saint Julian, ad Arles.

È considerato il protettore del bestiame e viene invocato contro le epidemie. Infatti, la sua immagine veniva raffigurata sulla porta delle stalle. Viene invocato anche per scongiurare gli incendi, e il suo nome è legato all’herpes Zoster, conosciuto come “fuoco di Sant'Antonio”.

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